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giovedì 21 luglio 2011

Lone Wolf - The Devil And I

The Devil And I

Paul Marshall, chi era costui?
E' probabile che solo pochi appassionati possano rispondere a tale domanda di manzoniana memoria. Ma i pochi possono considerarsi fortunati: questo Carneade della musica folk, infatti, ha realizzato un incredibile album nel 2007, "Vultures", passato per lo più delittuosamente sotto silenzio. Del tutto immerso in atmosfere ed estetica drakeiane, con la potente ed evocativa voce di Marshall a guidare tutti i brani ed il suo fingerpicking in bella evidenza, "Vultures" si elevava parecchie spanne sopra le produzioni di genere soprattutto per la notevole personalità mostrata dall'esordiente cantautore inglese.
E poi? E poi, per tre anni più nulla, se non un'apparizione al Tanned Tin festival in Spagna, al termine della quale Paul annunciava a una platea estatica un futuro mutamento nella denominazione della ditta e un deciso cambio di rotta in favore di sonorità più articolate ed elaborate.
Ancora una volta va ascritto a merito della Bella Union se i propositi di Marshall non si sono persi nel vuoto: così, a tre anni di distanza dall'esordio e con un bel paio di aggressivi baffi in più, ecco una nuova vita artistica, una nuova identità, una nuova possibilità.
E' Lone Wolf, l'alquanto abusato pseudonimo scelto da Paul Marshall per riaffacciarsi sulle scene e "The Devil And I" il titolo del suo nuovo lavoro, fortemente voluto da Simon Raymonde, deus ex machina dell'etichetta inglese.
L'intento di Marshall era, così come da lui stesso dichiarato, quello di lasciarsi alle spalle il progetto cantautorale di "Vultures" per indirizzare le proprie composizioni verso altri lidi, più orchestrali e arrangiati, quasi che, da Nick Drake, il mentore del nostro fosse diventato Sufjan Stevens.
E non c'è alcun dubbio che Paul ce l'abbia messa tutta per seguire in maniera coerente questa direzione: a partire dal piano rhodes dell'introduttiva "This Is War" che, con il suo crescendo drammatico e il colpo di teatro dei fiati piazzati al centro della canzone, ne dimostra la notevole perizia compositiva.
Il dado sembra tratto e il percorso segnato: così anche la successiva "Keep Your Eyes On The Road" è un esempio del talento di Marshall, soprattutto quando il ritmo muta e Paul usa sapientemente la propria voce (pur se l'apparire della chitarra elettrica rende il brano un po' ridondante e troppo d'effetto). "We Could Use Your Blood", già proposta in versione acustica dal vivo, è quanto di più vicino al puro cantautorato si possa trovare nella prima parte dell'album, e, sia come interpretazione che dal punto di vista lirico, è un brano riuscitissimo, benché, alla lunga, lo splendido giro armonico di chitarra acustica risulti un po' prolisso e l'arrangiamento, forse troppo lezioso, faccia scemare il pathos fino ad allora costruito alla perfezione ("We could use your blood to heat this hotel.").
Poi, dopo un altro paio di brani di ottima fattura, accade l'imponderabile.
Quasi che, ribaltando un trito cliché, l'agnello, fino ad allora vestito da lupo (solitario), con uno scatto d'orgoglio decidesse d'impeto di spogliarsi degli eccessivi orpelli e di offrirsi in sacrificio nudo di fronte ai propri carnefici.
Le note di pianoforte di "The Devil And I (pt.1)" sembrano, così, quasi introdurre un nuovo album: un lavoro dove gli arrangiamenti ricercati della prima parte si destrutturano in tasti e archi che sciolgono l'eccitazione dei sensi in emozione pura.
Ed è proprio in questa seconda parte dell'album che emerge l'ispirazione forse più autentica di Paul Marshall, poiché pare che egli si abbandoni alle melodie, che si lasci andare, dimentico delle sue stesse velleità artistiche. Ne scaturiscono brani di un'intensità prodigiosa, quali "Russian Winter" dove Marshall riesce ad arrivare direttamente al centro emotivo dell'ascoltatore, spesso solo calibrando una frase o una parola ("...but I won't pretend there's no space in my chest/ but russian winter in my veins again").
Gli ingredienti, in ogni caso, non sono troppo diversi da quelli impiegati per servire la prima parte dell'album, ma i toni si fanno più sommessi, le palpitazioni del cuore più autentiche: anche "Soldiers"  che, in quanto tale è destinata ad avere un incedere marziale, riesce nel piccolo prodigio di rimanere sobria e raccolta.
Il climax emotivo si raggiunge con "Dead River", brano scritto da Marshall nella vena del Neil Young più cogitabondo e drammatico, vero e proprio incanto di sentimentalismo tenue e quasi "carsico" ("Now we are like rivers in the springtime/ overflow, overflow"). Un oscuro organo, poi, introduce "The Devil And I (pt.2)", che, grazie al verso di apertura ("The devil and I were alone in my house last night/ He laughed at my joke, struck a match, burned the place to the ground."), al mesto incedere del piano e al distante tuonare di una grancassa finale, rappresenta lo struggente epilogo di un lavoro senza cadute di tono.
Nonostante la ricchezza degli arrangiamenti, la complessità delle composizioni e il gran numero di collaboratori, alla fine, "The Devil And I" riesce nel difficile tentativo di suonare personale e sentito, mostrando un autore e un interprete nel pieno del proprio vigore artistico e della propria straripante sensibilità.
P.S. Grazie a Francesca Garofano per avermi fatto meglio comprendere questo album nella sua essenza. (Ondarock)

Tracklist
1.This Is War
2.Keep Your Eyes On The Road
3.We Could Use Your Blood
4.Buried Beneath The Tiles
5.15 Letters
6.Devil And I, The (part1)
7.Russian Winter
8.Soldiers
9.Dead River
10.Devil And I, The (part2)

http://www.myspace.com/thisislonewolf

http://uploaded.to/file/m6thqy

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