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lunedì 13 giugno 2011

Jonathan Franzen - Libertà

Libertà

Walter e Patty erano arrivati a Ramsey Hill come i giovani pionieri di una nuova borghesia urbana: colti, educati, progressisti, benestanti e adeguatamente simpatici. Fuggivano dalla generazione dei padri e dai loro quartieri residenziali, dalle nevrosi e dalle scelte sbagliate in mezzo a cui erano cresciuti: Ramsey Hill (pur con certe residue sacche di resistenza rappresentate, ai loro occhi, dai vicini poveri, volgari e conservatori) era per i Berglund una frontiera da colonizzare, la possibilità di rinnovare quel mito dell'America come terra di libertà "dove un figlio poteva ancora sentirsi speciale". Avevano dimenticato però che "niente disturba questa sensazione quanto la presenza di altri esseri umani che si sentono speciali". E infatti qualcosa dev'essere andato storto se, dopo qualche anno, scopriamo che Joey, il figlio sedicenne, è andato a vivere con la sua ragazza a casa degli odiati vicini, Patty è un po' troppo spesso in compagnia di Richard Katz, amico di infanzia del marito e musicista rock, mentre Walter, il timido e gentile devoto della raccolta differenziata e del cibo a impatto zero, viene bollato dai giornali come "arrogante, tirannico ed eticamente compromesso". Siamo negli anni Duemila, anni in cui negli Stati Uniti (e non solo...) la libertà è stata come non mai il campo di battaglia e la posta in gioco di uno scontro il cui fronte attraversa tanto il dibattito pubblico quanto le vite delle famiglie.

Libertà è la parola che connota l’intera storia americana. Dalla Rivoluzione ai giorni nostri, per gli americani la libertà è stata insieme una terra promessa e un campo di battaglia, il più forte legame culturale e la più pericolosa linea di tensione. Di sicuro è il più forte marcatore dell’identità e del credo americano.
La Dichiarazione d’Indipendenza ha annoverato la libertà tra i diritti inalienabili dell’umanità. Qualche anno dopo appare come emblema nazionale nelle prime monete coniate per decreto del Congresso. Per essa, o contro di essa, è stata combattuta la Guerra civile. Poi, dal 1886 è addirittura la prima immagine che uno straniero ha dell’America entrando nel porto di New York.
A suo nome l’America si è schierata in prima linea nella battaglia contro la schiavitù e contro l’apartheid.
Con la liberazione dell'Europa dal nazifascismo e la fine della guerra fredda l'idea della libertà assurge per il popolo americano a emblema della propria coscienza di sé e della propria funzione di portatrice dei grandi ideali di sviluppo e progresso.
E, infine, la difesa della libertà anche al di fuori dei propri confini è stato il dichiarato criterio ispiratore - e insieme il principale schermo ideologico – della politica estera americana, dalla seconda guerra mondiale alla guerra fredda, da Cuba al Vietnam, dalle guerre del Golfo a quella del Kosovo, a quella in Iraq.
La storia della libertà è la storia stessa degli Stati Uniti d’America. Tutta la vicenda americana si riassume in questo concetto chiave: una verità vivente e incontrovertibile, per alcuni americani; un paravento e una crudele menzogna per altri. America terra della libertà, della democrazia, dei sogni, delle possibilità illimitate. È la terra delle conquiste, ottenute anche a costo di atroci repressioni, violenze, disuguaglianze di razza, genere, classe, bigottismi e intolleranze religiose di ritorno. Poi l’11 settembre 2001 ha decretato la crisi definitiva di quel Sogno Americano ormai fatiscente, già da decenni sequestrato dalla destra per legittimare la Enduring Freedom, la guerra al Terrore.
Intorno all’ambiguità del concetto ruota l’ultimo romanzo di Jonathan Franzen, Libertà. Di cosa parliamo quando parliamo di libertà?
Libertà è essere padroni della propria vita, poter esprimere se stessi e le proprie aspirazioni. Fare fortuna, costruirsi una famiglia, avere una bella casa con il prato. Pagare meno tasse possibile, girare armati, comprarsi il SUV. Poter scegliere prodotti biologici, provenienti da agricoltura integrata, a ridotto impatto ambientale: reciclare, studiare risorse energetiche alternative, impegnarsi per uno sviluppo sostenibile. Essere giusti, integri, corretti verso il prossimo, senza deviare dalla via maestra. Oppure, essere liberi di scegliere di rovinarsi nel modo che si preferisce. Scegliere di essere perdenti, di farsi travolgere dall’alienazione e sprofondare nella depressione.
Esiste una chiave per uscire dall’universalismo della civiltà dei consumi e liberarsi delle gabbie che ci imprigionano nel regno della inautenticità e della spettacolarizzazione?
Qual è il rapporto fra libertà, capacità di generare prosperità e felicità?
Dove inizia e dove finisce la libertà di ciascun individuo?
È ancora possibile, o è solo un sogno da cui adesso ci stiamo dolorosamente svegliando?
Sono i temi che tormentano l’America divisa e impaurita all’alba del nuovo Millennio, al centro di numerosi dibattiti pubblici e privati.
Così l’ultimo romanzo di Franzen si interroga sulla libertà e sulla felicità, allargando e restringendo continuamente il focus dal punto di vista individuale a quello collettivo, dando vita a un romanzo di ampio respiro che racconta la storia di una famiglia attraverso tre generazioni.
Pubblicato nove anni dopo Le correzioni, il romanzo che lo ha consacrato presso la critica e il pubblico americano, Libertà è stato definito “un capolavoro” dal New York Times Book Review, “l’opera di un genio” dal New York Magazine, mentre il Time ha dedicato la sua copertina a Franzen (privilegio riservato in passato – vogliamo ricordare - solo a Joyce, Nabokov, Updike, Salinger e Toni Morrison) con il titolo “Great American Novelist”.
Ritroviamo in Libertà tutte le caratteristiche della scrittura di Franzen: l’attenzione maniacale alla scelta delle parole, il calore avvolgente del fraseggio, la perfezione di uno stile sottile, ironico e non compiaciuto.
“Tutte le famiglie felici si somigliano; ogni famiglia infelice è infelice a modo suo”, recita l’indimenticabile incipit di Anna Karenina di Tolstoj, autore che Franzen ha particolarmente a cuore. Come ne Le correzioni, anche Libertà è la storia di una famiglia della borghesia urbana americana, lungo il cammino dallo splendore dell’ascesa fino all’inevitabile e inarrestabile declino.
Walter e Patty Berglund sono una giovane coppia apparentemente felice e arrivano a Ramsey Hill come i giovani pionieri di una nuova borghesia urbana. Sono colti, educati, progressisti, benestanti e adeguatamente simpatici. Entrambi provengono da famiglie nevrotiche e complicate, e fuggono da adolescenze difficili e tormentate. Ramsey Hill rappresenta per loro una frontiera da colonizzare e la possibilità di rinnovare il mito dell'America come terra di libertà, “dove un figlio poteva ancora sentirsi speciale”.
Avevano dimenticato però che “niente disturba questa sensazione quanto la presenza di altri esseri umani che si sentono speciali”. Così, qualche anno dopo troviamo Joey, il figlio amatissimo da Patty, che appena sedicenne se ne va a vivere con la sua ragazza, che peraltro non ama, a casa degli odiati e volgari vicini.
Patty sprofonda nella più nera depressione e nell’alcolismo, e inizia una relazione clandestina con Richard Katz, amico di infanzia del marito e musicista rock (Guerra e pace è il grande romanzo che serpeggia in Libertà, e Franzen lo cita esplicitamente, rimodellando nella storia di Patty, Walter e Richard il triangolo amoroso tra Natasha, Pierre e Andrej).
Walter, uomo integerrimo e corretto, devoto della raccolta differenziata e del cibo a impatto zero, viene bollato dai giornali come “arrogante, tirannico ed eticamente compromesso”.
Franzen indaga con feroce passione, con umorismo e tenacia il prezzo che dobbiamo pagare per concederci il diritto alla libertà personale.
Se la sfida quotidiana di ogni uomo consiste nella ricerca di un significato a partire da esistenze instabili e frammentate, il grande romanzo cerca di condurre il lettore , attraverso l’esperienza della lettura, a indagare la propria vita attraverso quella degli altri. E Franzen, uno dei migliori scrittori americani della sua generazione, è abilissimo nel dipingere una società americana preda della fobia e dell’angoscia postmoderna, e a spingere il lettore a chiedersi quanto siano labili e precari i confini che separano le nostre vite da quelle degli altri.

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