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giovedì 13 ottobre 2011

Ferdinand Von Schirach - Un colpo di vento (2010)

Un colpo di vento

Cosa spinge uno stimato e irreprensibile medico di paese ad ammazzare la moglie a colpi d'ascia dopo quarant'anni di matrimonio? E come si può consumare un delitto tanto efferato in un'atmosfera di calma apparente? Muove da qui il racconto di Ferdinand von Schirach, da situazioni di normalità in cui un colpo di vento può scatenare una follia criminale. Dalla sua posizione privilegiata di avvocato penalista, l'autore osserva quotidianamente gli orrori e le violenze della vita di tutti i giorni. Spacciatori, prostitute, skinhead, ma anche famiglie aristocratiche, ricchi uomini d'affari e insospettabili guardiani di museo diventano così i protagonisti di vicende semplicemente inspiegabili dalla ragione. L'avvocato von Schirach rivela un eccezionale talento narrativo: entrando in punta di piedi nelle vicende che racconta, riesce a mostrarcele sotto una nuova luce, invitandoci a rivedere i pregiudizi sui criminali e sulle cause delle loro azioni, e a riflettere sul labile confine fra il bene e il male.

Ferdinand Von Schirach è un principe del foro, esperto di crimini efferati e omicidi violenti consumati negli ambienti rispettabili di Berlino. Nella sua lunga carriera ha spesso ribaltato, con intuizioni brillanti, sentenze già scritte. Nipote di un gerarca nazista processato a Norimberga e condannato a venti anni di prigione, Von Schirach è uno di quegli avvocati secondo cui l’innocenza o la colpevolezza del cliente sono ininfluenti per ottenere la sentenza di assoluzione. Quello che conta nel suo mestiere non è il movente di un omicidio, perché nessuno può conoscere fino in fondo la mente di un uomo, né l’evidenza dei fatti, su cui invece si basa l’azione della polizia e dei giudici. Quello che conta per l’avvocato è il dubbio, la versione alternativa, la possibilità di seguire altre piste mai battute. La polizia parte dal presupposto che non esistano le coincidenze e che tutto quello che appare evidente è probabile quindi, quasi certamente, vero. Il commissario che trova un uomo chino su un cadavere, con un coltello insanguinato in mano e pensa “troppo facile”, è un’invenzione dei romanzieri. Nella realtà quello che appare è vero. Sono gli avvocati a tentare di aprire una breccia nel castello probatorio della pubblica accusa. Giocano con il caso, impediscono che si giunga avventatamente a una verità solo apparente, frenano il corso spedito di una giustizia sommaria. Il compito degli avvocati è quello di aprire una breccia nel velo delle apparenze.
Una visione inedita dell’inchiesta poliziesca che si può riscontrare tra le righe di questi avvincenti racconti. Scritti come fossero dei brevi thriller, con uno stile asciutto che va dritto al nocciolo della questione, sono in realtà undici casi realmente trattati nella sua lunga carriera dall’avvocato Von Schirach. Morti violente senza spiegazione, tranquilli medici di campagna che uccidono anziane mogli, giovani immigrati che fanno a pezzi dei cadaveri, uomini d’affari insospettabili capaci di uccidere con un rapido movimento di una mano. Storie incredibili, descritte con una maniacale attenzione verso i particolari macabri e le dinamiche psicologiche. La scioltezza della prosa è un segnale che i casi che vengono riuniti in questa raccolta sono in realtà delle storie nate e raccontate intorno a tavoli d’affari, tra i corridoi della Procura. Casi giudiziari che possono essere letti e apprezzati singolarmente, ma che assumono una valenza ancora più complessa se vengono presi nel loro insieme. Solo addentrandosi nella lettura infatti, si vede lentamente comparire la figura dell’autore. Spesso completamente assente dalla narrazione, in alcuni episodi entra nel racconto per commentare la posizione dei suoi clienti, fino a diventare un vero e proprio personaggio della vicenda. Si svela lentamente, incuriosisce, inquieta. Un autore che ricorda i grandi narratori tedeschi e ricalca le orme di chi, prima di lui e con penna magistrale, ha saputo descrivere i vizi e le virtù di un sistema giuridico centralista e burocratico, molto simile per storia e tradizione, a quello italiano.
Per la prima volta, però, non si tratta del punto di vista dell’uomo schiacciato dagli ingranaggi processuali, né della critica aspra e salace di chi contesta l’autorità statale. In questo caso si tratta dell’uomo integrato e disilluso, che fa delle falle del sistema e della rigidità dei procedimenti un’ arma da sfruttare in suo favore. Un brivido in più rispetto alle descrizioni cruente degli omicidi.

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