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lunedì 6 giugno 2011

Cosimo Calamini - Le Querce Non Fanno Limoni (2010)

Le querce non fanno limoni

Cosa succederebbe in un paesino di poche anime se da un giorno all’altro cominciasse a girare una voce sulla costruzione di una moschea proprio al centro del parco cittadino? Non parliamo di una località nel cuore del nord governato dalla Lega, in questo caso la risposta sarebbe scontata, ma di una comunità toscana legata fortemente al partito comunista da generazioni, ora amministrata dal Pd. Questa è la domanda da cui parte Cosimo Calamini, già autore di Poco più di niente, per affrontare un tema di grande attualità che riguarda l’Italia, ma anche il resto del mondo (pensiamo al recente dibattito sulla moschea a Ground Zero).
Attilio, uomo di mezz’età, sposato con Anita e padre di Sara, apprende la notizia della realizzazione di un centro culturale islamico proprio nel parco di fronte a casa sua. Sul momento non dà molto peso alla cosa, la scambia per diceria, ma pian piano la voce acquista sempre più concretezza, fino a diventare l’argomento principale di discussione nei bar.
Di lì a poco ci saranno le elezioni del nuovo sindaco e Attilio, senza sapere bene come, si vede catapultato a capo della lista civica che intende battere il Partito e impedire l’edificazione della moschea. Al suo fianco si schierano alcuni vecchi compagni, altri titubano, come il Querciai che “sono quarant’anni che voto il Partito e non votarlo sarebbe come sputare sulla tomba del mi’ babbo.”

Accanto alla vicenda principale si snodano le storie degli altri personaggi, perché in fondo, sebbene il fuoco sia puntato su Attilio, Le querce non fanno limoni è un romanzo corale. Ci sono Sara e Averroè e il loro legame segreto, Anita con la sua inquietudine mal celata, il Bardelli, pseudo intellettuale arrivista, legato al protagonista da un episodio di gioventù e ancora Don Luciano, attraente prete tormentato da un passato trascorso in Africa.
cosimo Calamini affronta un argomento spinoso come l’integrazione in modo lucido, squarciando ogni velo di perbenismo e mostrando la vera faccia dell’essere umano quando si sente minacciato. E’ facile fare bei discorsi quando si vive nel borgo vecchio, come il Bardelli, ma “Vieni il giorno del Ramadan, con la moschea finita, a casa mia a sentire il casino e il puzzo che ci saranno“, dice Attilio al rivale e riassume così il pensiero di chi ha paura del diverso, di ciò che è sconosciuto e apparentemente lontano per abitudini e costumi.
Attilio imparerà a proprie spese quanto sia facile oltrepassare il confine che separa la presunta difesa del proprio stile di vita dall’odio e dall’intolleranza; si ritroverà nudo davanti alla propria meschinità per scoprire di non sapere più che tipo di persona è diventato. E mentre ciascuno vive la sua crisi personale, il mondo va avanti e il corso della storia mescola gente proveniente dai posti più disparati: “Farà pochi metri e si fermerà proprio lì, nel parco di San Fiorenzo, a osservare i caschi rossi degli operai: il capocantiere marocchino, i carpentieri pugliesi, i pontisti albanesi. Tutti lì, con i loro volti antichi, insudiciati di sudore e creta (…).”

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