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Ricerca personalizzata

venerdì 30 marzo 2012

Rangeklods - Beekeeper

Tracklist
1. Clouds
2. Empty
3. Puzzlehead
4. On Top
5. In Charge
6. Cough
7. Riverbed
8. Enklave
9. Order
10. Beekeeper

The Atomica Project - The Non Affair

Non Affair

The Atomica Project is a union of downtempo beats and stunning female vocals, amplified by an organic warmth generally absent from electronic music.
Devised by programmer/songwriter Wade Alin and vocalist Lauren Cheatham, The Atomica Project made waves in the chillout/electronic music community with their 2005 debut release, Metropolitan. Based heavily on Alin’s personal experiences in New York, Metropolitan illustrates a compelling story of loss, affliction, collapse and recovery. Fueled by heavy podcast rotation, enthusiastic reviews, and an extensive online following, Metropolitan was considered by many as one of the best independent releases of 2005.
The Atomica Project’s sophomore release, Grayscale, exhibits a more heavily orchestrated, lavish sound that further incorporates organic instrumentation and exemplifies the emotional impact of Lauren Cheatham's delivery. Following the release of Grayscale, the band continued to build their momentum, taking advantage of new formats (USB drive/download) to release two EP's: The 1st In A Series Of Dramatic Events and Overseas. Both EP's were released independently via their own online store/label (http://www.flagrantrecords.com) and accompanied by tours of the Midwest and East Coast including headlining shows in Chicago, Boston, and New York, as well as an appearance at the 2009 Forward Music Festival.
Throughout the bands travels it was widely assumed that Wade and Lauren were intimate. This misperception inspired the title of their third full-length album, The Non-Affair. Musically, the band elaborates on their previous work with more venturous arrangements and stylistic flirtations with everything from the 1940's to the modern shoe-gaze genre. Lyrically, the songs push further into the intimate spaces of relationships, identity, and change.
Always current and comfortable with the reality of a collapsed music business, The Atomica Project has teamed up with the creative funding site, kickstarter.com. The entire manufacturing process has been fully funded by fans and supporters of the band.

Tracklist:
01. Damage
02. The Devil
03. Blur And Gray
04. Mutiny
05. Winter
06. Tears In My Eyes
07. Let's Find a Way
08. We're In This Together **
09. The Buildings (as they fall)
10. Moviesong
11. The Non Affair
12. Jetstreams
13. Our Hero
14. Oh, So Quickly

http://www.myspace.com/atomica

lunedì 26 marzo 2012

A Jigsaw - Drunken Sailors & Happy Pirates

Drunken Sailors & Happy Pirates

A Jigsaw, la banda portuguesa formada por Joao Rui, Jorri y Susana Ribeiro presentan su nuevo trabajo “Drunken Sailors & Happy Pirates“, disponible a partir del próximo 1 de noviembre aunque ya se puede reservar a través de su web. Además, a quien lo haga, los portugueses le regalan una Cara B exclusiva (no incluida en el CD). Una de estas cara B, “Silent Sleeve“, es precisamente el tema que estrenamos en exclusiva en scannerFM gracias a Tsunami Music y a la banda.
Para los que todavía no conozcan a la banda, Jigsaw empezaron como trío hace diez años en esto de la música, formando en la actualidad un cuarteto de multi-intrumentistas cercanos a la música folk, country y blues… En 2004 debutaron con un EP “From Underskin” y tres años después en 2007 lanzaron su primer largo “Letters from the Boatman” con el que alcanzaron los primeros puestos de las listas de su país y empezaron a ser reconocidos como una gran banda en directo por utilizar todo tipo de instrumentos sobre el escenario.
Su segundo trabajo “Like the Wolf” les catapultó hacia una gira por toda Europa incluyendo España que les supuso un gran reconocimiento por parte de la crítica de cada uno de los países que pisaron. Un camino que les lleva a lanzar su tercer trabajo con más expectativas que nunca y del que ellos mismos opinan:
Somos en todo momento el principio y el fin de nosotros mismos; entonces ¿cómo se llega a ser y qué se es entre uno y otro?. Este es un álbum que nos habla de la construcción del individuo; la construcción de nuestra identidad a través de quienes partieron antes que nosotros a conquistar alta mar. Esta vez partimos en esa embarcación para invitar a las extrañas sombras que nos vengan a visitar: estos Drunken Sailors & Happy Pirates que han hallado cobijo en nosotros, son los pilares de lo que hoy somos.Así que, embriagados por la sed de mar, avanzamos hacia lo desconocido, con las manos llenas de certezas y un infinito por alcanzar. Y cuando los mares se quedan en silencio, es con ellos con los que viajamos y son ellos los que toman el timón. Esta es su historia a través de la nuestra.

Tracklist
01. The Strangest Friend
02. Crow Covered Tree
03. My Name Is Drake
04. No More
05. Lovely Vessel
06. Rebember When
07. Even You
08. I’ve Been Away For So Long
09. Rooftop Joe
10. The Last Waltz
11. Devil On My Trail
12. Drunken Sailors And Happy Pirates

http://www.myspace.com/ajigsaw

Pupi Avati - Il cuore grande delle ragazze

Locandina Il cuore grande delle ragazze

Un film di Pupi Avati. Con Cesare Cremonini, Micaela Ramazzotti, Gianni Cavina, Andrea Roncato, Erika Blanc, Manuela Morabito, Gisella Sofio, Marcello Caroli, Sara Pastore, Massimo Bonetti, Sydne Rome, Rita Carlini, Alessandro Haber, Patrizio Pelizzi, Massimiliano Andreoli. Drammatico, durata 85 min. - Italia 2011.

Carlino Vigetti è un giovane uomo intraprendente che innamora le donne con sospiri di sambuco. Inaffidabile e analfabeta è il giovanotto a cui nessun padre concederebbe in sposa la propria figlia, a meno che non difetti di bellezza e ingegno. Sisto Osti, ricco e avido proprietario terriero della zona, decide suo malgrado di ricorrere a Carlino per maritare almeno una delle sue due figlie. Comprato con la promessa di una moto Guzzi, il ragazzo si reca ogni sera a casa Osti per corteggiarle e decidere quale delle due impalmare. Ma il ritorno da Roma della bella Francesca, figlia adottiva di Sisto, butta all'aria i piani del genitore che dovrà capitolare davanti al sentimento sbocciato tra la figliastra e Carlino. Ostinati a sposarsi e contro il parere di tutti realizzeranno il sogno del matrimonio ma la crisi è in agguato.
Lo aveva già fatto con Gli amici del Bar Margherita Pupi Avati, assumendo uno sguardo maschile su un mondo altrettanto maschile (e maschilista). Questa volta il suo cinema esce dai bar e dai confini emiliani, diffusi di fumo e Campari, per spostarsi nella campagna italiana degli anni Trenta, quando le donne avevano un cuore grande e rassegnato all'adulterio, quando l'infedeltà era congenita al matrimonio, indotta dal virile modello sociale dell'ideologia fascista e giustificata con un imperativo bisogno fisiologico di sesso. Muovendosi su un piano di consolidata nostalgia marginale e attraverso la storia d'amore tra un giovanotto farfallone e una giovane donna timorata di un dio bigotto, il regista emiliano ci racconta lo zelo antifemminista della dittatura fascista, che relegava la donna al focolare domestico, esaltava la maternità a sostegno della forza dello Stato nazionale e inibiva l'affermazione degli interessi individuali. Per questo motivo il Carlino di Cremonini, in giro sui colli marchigiani in sella a una bici ‘special', diventa l'ennesimo mediocre fra i tanti che Avati ha saputo raccontare. Come i padri di Gianni Cavina e Andrea Roncato prima di lui, il personaggio popolano del cantante pop è elementare, affettivamente povero e simpatizzante ottuso della diversità naturale tra uomini e donne a evidente vantaggio dei primi, ancora e sempre meschini, detestabili, puttanieri, ninfomani, fanatici della sottana. Le donne dominanti sul fronte opposto del racconto e di quella porzione di Storia italiana sono mamme in cucina e zitelle in attesa, ragazze da sposare e puttane da comprare (e poi naturalmente disprezzare). A raccontare fuori campo il ritratto di provincia, immortalato dentro l'immancabile posa di gruppo, il figlio di una nuova generazione forse decisa a non ‘formare' più maschi patetici. Interpretato da uno smarrito Cesare Cremonini e una ‘sprecata' Micaela Ramazzotti, che La prima cosa bella di Virzì aveva magnificamente emancipato dal ruolo di ‘coatta' rivelandone il carattere drammatico, Il cuore grande delle ragazze è un film insolvente col passato e col presente, una commedia insicura diretta in una condizione di rarefazione vitale. Un'opera minore che si rifugia in un passato remoto per evitare la penosa consapevolezza del presente. Il cuore di Avati è davvero altrove, lontano dall'amore ‘cieco' di Marcorè per Angela, incapace di vederlo e di amarlo dentro un film, quello sì, garbato e poetico.

Il voto di Pierolupo: 3/5
Il film mi ha fatto solo un po’ sorridere e basta, tutto qui. Pupi Avati ha sempre fatto discreti film tra alti e bassi e questo è certo che è basso, alla fine è una favola con storia e personaggi in buona parte poco credibili, e con un Cesare Cremonini che pensa solo alla gnocca.

sabato 24 marzo 2012

New Adventures – Repeat To Fade

Repeat To Fade

Band che nasce come tante altre: quattro amici universitari vanno a Londra a cercare fortuna. Due di loro, necessitando il gruppo di un tastierista / programmatore, mettono in giro qualche annuncio e trovano il quinto elemento. Registrano un EP nel 2008, dal titolo Accidents, ed esordiscono due anni dopo su lunga durata con il qui presente Repeat to Fade.
Strano che ancora non siano conosciuti, perché fanno un brit-pop orecchiabile e ispirato, capace nei momenti migliori di richiamare i Coldplay. Come in Tip of My Tongue, ad esempio, che parte con un drumming molto sui bassi, presto accompagnato da un coretto che dire catchy è poco, un cantato con contrappunto di singole note di piano, chitarra e piatti a creare il ritornello. Tutto molto semplice, tutto molto bello. Riuscita anche la ballata piano-voce a seguire, Never Get Caught, il cui romanticismo è sottolineato dal crescendo di tastiera finale. E funzionano anche il 4/4 scandito da basso e grancassa di Nostalgia, con spunti più elettronici e vagamenti 90's.
Si tratta insomma di un disco che, nella sua totale assenza di originalità, ha molte buone carte da giocare, in primo luogo arrangiamenti funzionalissimi e una scrittura sopra la media.

Tracklist:
01. Switzerland
02. Money
03. Tip Of My Tongue
04. Never Get Caught
05. Million To One
06. In Our Hands
07. How I Got My Devil Back
08. Nostalgia
09. Repeat To Fade
10. Godspeed And Goodnight
11. Morning Sickness

http://www.myspace.com/newadventures

Dillon - This Silence Kills

This Silence Kills

La sua musica a tratti ricorda i suoni algidi di Bjork. Anche dal punto di vista creativo potremo paragonarla all'islandese. Se invece dovessimo fare un altro paragone, alla mente tornano anche le Cocorosie. Forse, però, con meno virtuosismi: presenta una voce più stabile con meno impalcature. L'artista in questione è Dillon, vero nome Dominique Dillon de Byington. Da noi è pressapoco una sconosciuta, ma d'altronde è entrata nel mondo discografico solamente da qualche tempo, dopo essersi fatta notare grazie ad alcune esibizioni che inseriva nella sua pagina officiale su YouTube. Dillon è stata notata anche dalla producer tedesca Ellen Allien. Da lì a breve, la giovane berlinese ha firmato un contratto con la Bpitch control, piccola casa discografica indipendente che già produce artisti dell'ambiente elettronico e techno come Apparat, Paul Kalkbrenner e la stessa Ellen Allien.
Il nome scelto per l'album è "The Silence Kills" e contiene in tutto 12 tracce. Il fil rouge dell'intera release è l'uso dell'elettronica. Tuttavia all'interno del disco si trova un po' di tutto. La seconda traccia, "Tip Tapping", assomiglia a una marcetta, e ha in sottofondo elementi quotidiani come passi e gridolii di bambini. Tra le altre spicca "You Are my Winter"; la voce di Dillon vola alto, fino all'estremo. Si fa sottile e poi ritorna a riempire gli spazi impreziositi da pochi elementi musicali che ne fanno un brano dalle atmosfere rarefatte. C'è poi spazio per esercizi vocali come in "The Undying Need To Scream" o nella title track. L'altra punta alta è "Texture of my Blood": le note del piano corrono veloci e la voce scorre su di esse con i classici intermezzi vocali che perdurano per buona parte del disco. La conclusiva "Abrupt Clarity" ritorna alle atmosfere elettroniche, anzi, si direbbe addirittura techno. È qui che il riferimento a Bjork è più evidente. Il brano è pregno di campionamenti elettronici, quasi in totale contrasto con il resto dell'album.
"The Silence Kills" è un album variegato. Ha diverse tonalità di colore. Ora sembra avere un colore più cupo, per poi sprofondare nel buio più profondo, quindi in un turbinoso tunnel malinconico, ora più chiaro e luminoso. Non sembra andare in una direzione ben precisa. Ma è un bene; i brani presentano diverse sfaccettature. Dillon spazia tra svariati generi e ha dimostrato di farlo anche bene.
È difficile dare un un giudizio ad un'opera prima. Si conosce ben poco della ventitreenne tedesca, ma da quel poco si intuisce che siamo di fronte ad una ragazza che in futuro potrebbe riservarci delle ottime cose. Come è ovvio che sia, attendiamo ora il secondo disco. (Storiadellamusica)

Tracklist
1. This Silence Kills
2. Tip Tapping
3. Thirteen Thirtyfive
4. Your Flesh Against Mine
5. You Are My Winter
6. The Undying Need To Scream
7. _______________
8. From One To Six Hundred Kilometers
9. Hey Beau
10. Texture Of My Blood
11. Gumache
12. Abrupt Clarity

http://www.myspace.com/ladybirdd

Soko - I Thought I Was An Alien

I Thought I Was An Alien

“Al sole le persone sembrano sempre più belle”. Riuscire a brillare anche dopo il tramonto o, in alternativa, nei giorni più cupi, è la vera sfida. Una missione apparentemente semplice pronta a inghiottire chiunque mostri mancanza di immaginazione. Per compierla la ventiseienne attrice e cantautrice francese Stéphanie Sokolinski, in arte SoKo, rispolvera una carriera musicale cominciata dentro un armadio, esplosa in Scandinavia e messa prematuramente in soffitta per personali confusioni. Se, tuttavia, ogni cosa ha il suo tempo, non c'è momento migliore del presente per dare alle stampe quello che, solo nominalmente, è un album d'esordio, I Thought I Was An Alien.
Quindici canzoni idiosincratiche, figlie del do-it-yourself tecnologico-creativo “sostenuto” dalla saggia mano di Fritz Michaud, che rimandano al mittente ordinarie cattiverie e riflettono senza filtri sulle incongruenze dell'animo umano. Con sfacciato intimismo e deliziosa asprezza, il piglio deciso di una Cat Power e l'inventiva di una Natasha Khan. Con l'attitudine al “gioco sonoro” delle Cocorosie e un timbro sgranato e maltrattato quasi di proposito, innocente nella sua rotonda inflessione francese, a fuoco nello sciorinare confessioni oscure a ritmo di folk-pop, etereo e notturno, sereno e allo stesso tempo inquietante, furbamente rétro e minimale. SoKo non è la solita Alice indie convinta che il mondo sia un paese delle meraviglie di zucchero filato, cupcakes e tazze di tè alla vaniglia, ma una (dis)incantata superstite in grado di risultare intimidatoria in maniera quasi garbata.
Una che minaccia di morte le rivali in amore con soave innocenza (I'll Kill Her), mostra in un ossessivo-percussivo crescendo cinematografico di conoscere le tecniche dell'autodifesa fisica ed emotiva (Don't You Touch Me), rivela con divagazioni beatlesianamente rock di saper odiare (Destruction Of The Disgustingly Ugly Hate), considera strano il mondo che la circonda (I Thought I Was An Alien), ma sa anche ammettere con lucida dolcezza i propri limiti (I've Been Alone Too Long) e sciogliersi nel ricordo di un'amicizia persa (For Marlon) o è un'artista visionaria, di quelle che scelgono un mezzo espressivo per ogni idea senza concedere bis, o una psicotica in sonno. A giudicare anche dalla serie di corti da lei stessa diretti che accompagnano la musica, favole dark contemporanee dall'estetica vintage (in cui fanno capolino contributi illustri come quello di Spike Jonze nel video della title track), propenderemmo per la prima ipotesi. (Frequency)

Tracklist:
01 – I Just Want to Make It New with You
02 – I Thought I Was an Alien
03 – People Always Look Better in the Sun (Part 1)
04 – We Might Be Dead By Tomorrow
05 – No More Home, No More Love
06 – For Marlon
07 – First Love Never Die
08 – Treat Your Woman Right
09 – How Are You
10 – Don’t You Touch Me
11 – Destruction of the Disgusting Ugly Hate
12 – Happy Hippie Birthday
13 – I’ve Been Alone Too Long
14 – Why Don’t You Eat Me Now You Can
15 – You Have a Power On Me

http://www.myspace.com/mysoko

lunedì 12 marzo 2012

Francis Lawrence – Come L’acqua Per Gli Elefanti

Locandina Come l'acqua per gli elefanti

Un film di Francis Lawrence. Con Reese Witherspoon, Robert Pattinson, Christoph Waltz, Paul Schneider, Jim Norton,
Hal Holbrook, Mark Povinelli, Richard Brake, Stephen Taylor, Ken Foree, Scott MacDonald, James Frain, Sam Anderson, John Aylward, Brad Greenquist, Tim Guinee, Adrienne Rusk, Dan Lauria, Ashley Palmer, Donna W. Scott, Tracy Phillips, Tatum Etheridge, E.E. Bell, Emerson Brooks, Julianna Milton, Niko Novick, Dave Johnson, Kyle Jordan, Hara Finnegan, Calvin Dean, Colby Etheridge. Titolo originale Water for Elephants. Drammatico, Ratings: Kids+13, durata 121 min. - USA 2011.

Nell'America della Grande Depressione, Jacob Jankowski è a un esame dalla laurea e da una notte d'amore con la più bella ragazza del corso di medicina veterinaria. Un tragico incidente, in cui muoiono i genitori, sconvolge la sua vita e i suoi piani di studente, conducendolo su un binario alternativo e imprevisto. Lasciata la propria casa per coprire i debiti accumulati dal padre e abbandonata l'università, Jacob sale su un treno in corsa e spera nella buona sorte che avrà il volto dolce di Marlena, stella equestre del Benzini Bros Circus e moglie dell'instabile August, impresario e domatore crudele di artisti e animali. Rivelate presto le sue evidenti doti di veterinario, Jacob viene accolto con entusiasmo da August e promosso al ruolo di addestratore dell'elefantessa Rosie, ingombrante ‘primadonna' col vizio del whisky. Innamoratosi perdutamente della bionda Marlena, il ragazzo dovrà vedersela coi reiterati soprusi di August e trovare come un funambolo un nuovo equilibrio nell'universo circense.
Dentro un cerchio di segatura e sotto il tendone montato dagli operai ‘affamati' dell'America ‘depressa' si svolge il melodramma circense di Francis Lawrence, ispirato dalle pagine di Sara Gruen (“Acqua per gli elefanti”) e idealmente prossimo al Trapezio e al ménage à trois di Carol Reed. Accantonati re biblici e leggende, il regista americano rispolvera leoni, elefanti e bionde acrobate, sceneggiando il Circus di Britney Spears, diretta tre anni prima nell'omonima clip musicale. Come l'acqua per gli elefanti abita lo spazio sacro e bohémien del circo, che rimane tuttavia sullo sfondo, e rivela nella rivalità erotica (per Marlene) dei protagonisti/antagonisti il motore della storia. Le convenzioni dei film ‘sul circo', inquadrature degli spettatori, sfilate dei saltimbanchi, esibizioni degli artisti, ingresso di animali esotici, incanto di ballerine in piume e paillettes, imbonitori in giacca da domatore e cilindro, fanno un passo indietro e lasciano che a emergere sia piuttosto la fisicità dei personaggi e la loro aggressività primordiale, prima latente e dietro le quinte e poi esplicita nel cerchio dove il mélo si risolve. Le intermittenze del cuore comandano allora gli eventi senza riuscire a conciliarsi col più grande spettacolo del mondo, materia prima che non ha perso fertilità e che qui si segnala come una bella occasione sprecata. Robert Pattinson è il vertice gentile del triangolo, orfano che evoca nelle origini polacche l'emarginazione dell'emigrante e il desiderio di riscatto, Christoph Waltz è il colorato avversario, impresario con frusta e pungolo che ostenta protervia e sottovaluta il bravo ragazzo umile, Reese Witherspoon è il simbolo femminile eroticamente appetibile ma bisognosa di protezione, che cavalca elefanti e destino sotto un burlesco (e posticcio) parruccone biondo platino. La loro corrispondenza, contestualizzata problematicamente nella crisi del '29, condurrà alla collisione e a tante (troppe) variabili che si accaniranno per impedire il raggiungimento della destinazione. È un senile e nostalgico Jacob Jankowski, fuggito da un ricovero in una notte di pioggia, a raccontarsi allo spettatore dentro un lungo flashback, che ‘affonda' nella polvere e trova un limite nelle interpretazioni maschili: melodrammaticamente frenato Pattinson, melodrammaticamente sfrenato (e virtuosistico) Waltz.
Mal amministrati e troppo impegnati a ‘rimuovere' dall'immaginario collettivo il vampiro adolescente e il colonnello nazista, i due attori esagerano o trattengono gli estremismi emotivi dei loro personaggi, ‘scoprendo il fianco' alla modesta performance della Witherspoon. La tensione melodrammatica e la cultura circense americana, che negli anni della recessione ‘sfilava' lungo le rotaie, restano pertanto un miraggio poetico. Nella vita, come nella finzione, certi treni è forse meglio perderli.

Il voto di Pierolupo: 4/5
Bella favola. Sono sicuro che molti cinefili definirebbero questa pellicola banale e scontata, quindi mediocre. Per quanto mi riguarda, appartengo a quel filone di pensiero che, per definire bello un film, ragiona in base a quanto ti emozioni, e questo mi ha emozionato.

La Blanche Alchimie – Galactic Boredom

Galactic Boredom

Lo sai come ci si sente ad essere giovane e paranoico? Chiede Jessica Einaudi in "Galactic Boredom". Certo che lo sappiamo, se non lo sapessimo non ascolteremmo questa musica. Così oscura e ossessiva, e però allo stesso tempo così sognante, consolatoria, pop. Con quel modo di cantare un po' intellettuale un po' dark-rock. Con quel pianoforte e quel violoncello che ricamano trame fitte di rimandi a tutta la musica che ha cullato i nostri sogni e incubi di giovani paranoici. Con quell'elettronica che si insinua senza fare troppo rumore, come nel quasi ambient di "Black Girl". Con quell'immaginario un po' da racconto di brughiere che si dispiega nel folk di "Sound Of Marbles". Con l'andamento orizzontale di canzoni all'apparenza ripetitive, troppo lunghe, costruite su un accumulo graduale di strumenti che amplifica l'effetto ipnotico. Con i pezzi nati per essere singolo da airplay pesante ("Firefly", il singolo appunto) e quelli che, come "Temples Burning", in un attimo tanto fluido da essere impercettibile, passano dalla dark ballad alla psichedelia. Con il romanticismo a due voci ("My Ear Is A Shell"), il dream pop di "Spell On The Hill", i confini artistici che si ampliano a contenere tutti i luoghi del rock e dei cantautori e delle cantautrici. E sarà per la sapienza di papà Ludovico, qui in veste di produttore, o sarà semplicemente per quello che chiamano talento, tutte queste suggestioni e ispirazioni danno vita a qualcosa che non è nuovo, non è sorprendente, ma in cui è facilissimo perdersi. Anzi annegare, come cantano ancora nella title track: "Let's drown together into galactic boredom". Con piacere. (Rockit)

Tracklist
1 “Black girl”
2 “Galactic boredom”
3 “Fireflies”
4 “Blackberry lips”
5 “Cellar disco club”
6 “My ear is a shell”
7 “Spell on the hill”
8 “Temples burning”
9 “Sound of marbles”
10 “Paralyzed”

http://www.myspace.com/blanchealchimie/music

domenica 11 marzo 2012

2econd Class Citizen - A World Without

World Without [Edizione: Germania]

2econd Class Citizen is a great hip-hop artists from England. He "makes music that he simply calls “Wyred Folk”: a hybrid of electronically produced folk combined with instrumental hip-hop swinging between melancholy and pure anger, strong guitar riffs mined from old psych rock records and the weeping voices lifted from old folk music." That last part I lifted from last.fm because I'm lazy and it's a pretty good description anyway. Anyway, jam this shit fool.

Tracklist
1.Step Inside
2.One By One feat. Ceschi
3.A New Day
4.Wait For Me
5.On Emptyness
6.Our Lady Of Solitude feat. Reindeer
7.The Day You're Lost Or Found
8.Listen The Night feat. Reindeer
9.From Where I Belong
10.A World Without

http://www.myspace.com/2econdclasscitizen

venerdì 9 marzo 2012

Soap & Skin – Narrow

Narrow

Coordinate particolari, quelle di Anja Plaschg, nata in una sperduta fattoria dell'Austria, cresciuta al mondo come pianista dalla formazione classica e diventata nota come Soap&Skin nel 2009 grazie a Lovetune For Vacuum: appena diciannovenne il suo talento donava agli ascoltatori 13 brani intimisti, nervosi, disturbati, depressi. In molti si affrettavano a parlare di una Kate Bush germanica, basando il paragone sul precoce esordio. Con la Bush, in realtà, condivide la curiosità che le amplia gli ascolti oltre il canone pop/indie, ma il suo sguardo e la sua scrittura sono oscuri, tenebrosi e assoluti come il romanticismo tedesco dei sui lieder sporcati di elettronica. 
Dall'esordio sono passati tre anni, che hanno visto l'interessamento di Fennesz e altri notabili della scena internazionale che si sono dedicati al remix di questo o quell'altro brano. Narrow raccoglie inediti, ma alcuni di loro sono già stati suonati dal vivo o fatti percolare nella rete dalla stessa artista. Più un minialbum quindi (8 solamente i brani), che ha il sapore di una conferma temporanea, in attesa di un nuovo balzo nei prossimi mesi, di un talento fuori dal comune che sta diventando una specie di Antony al femminile, dove però i fantasmi arty sono stati sostituiti da quelli nerissimi che Nick Cave si portò a Berlino. Insomma: più Diamanda Galas o Evangelista che Nico, come invece qualcuno ha cercato di sostenere.
Piacciono la rilettura di una hit anni Ottanta, Voyage Voyage, a dimostrazione della personalizzazione estrema che sa imprimere a tutto quello che le esce da mani e bocca, il pathos di una Vater dedicata al padre e la forza di una Boats Turn Toward The Port o Big Hand Nails Down. Colpisce la personalità già matura di brani intensi come Deathmental (con un uso interessante dell'elettronica) e Wonder. In attesa di un nuovo album, è un bel sentire. (Sentireascoltare)

Tracklist
01. Vater
02. Voyage Voyage
03. Deathmental
04. Cradlesong
05. Wonder
06. Lost
07. Boat Turns Toward the Port
08. Big Hands Nail Down

http://www.myspace.com/soapandskin

mercoledì 7 marzo 2012

Gareth Edwards - Monsters

Locandina Monsters

Un film di Gareth Edwards. Con Whitney Able, Scoot McNairy, Kevon KaneDrammatico, durata 94 min.- Gran Bretagna 2010.

La ricerca scientifica della NASA riesce a trovare le prove dell’esistenza di altre forme di vita. Una navicella spaziale piena di campioni ha un incidente durante la fase di atterraggio: le creature dello spazio cominciano a stabilirsi sulla terra, moltiplicandosi e diffondendo terrore. La zona contaminata, tra il Messico e gli Stati Uniti, diventa così un parco abitato da giganteschi polpi distruttori di città e vite umane, tenuti a bada da un esercito militare violento e impreparato. Un fotoreporter e una giovane turista decidono di viaggiare insieme per raggiungere i territori sicuri oltre il confine della quarantena ma la strada da percorrere sarà ricca di imprevisti. Sembra che i mostri non amino molto la compagnia degli uomini.
Gareth Edwards è un giovane regista inglese dotato di talento e sfacciataggine. In barba alle grandi produzioni americane, ha realizzato, con un budget ridottissimo, uno dei più interessanti film di fantascienza di questi ultimi tempi. Ha creato da solo i ritocchi grafici e gli inserti digitali, si è affidato alla collaborazione dei due attori protagonisti e di pochi aiutanti tecnici. Il risultato? Un piccolo e onesto manifesto di amore per il cinema. Chi adora il gusto del racconto, delle immagini in movimento e di tutti quei trucchi dietro le quinte che permettono di costruire una realtà diversa dalla nostra, sa bene che non servono né miracoli né tanti soldi per fare un buon film.
Monsters conferma e supporta una visione romantica della settima arte. Se all’inizio del Novecento Méliès era capace di portarci sulla luna ‘imbrogliandoci’ con giochi di prestigio e illusioni ottiche, Edwards ci accompagna in un ipotetico futuro sfruttando le potenzialità del computer. Cambiano i modi ma non l’inventiva. L’operazione ha il merito di coniugare impegno e creatività in modo apprezzabile, sia dal punto di vista della sceneggiatura che della regia. E malgrado il plot non sia del tutto innovativo (difficile non pensare a District 9 o ad alcune scene di Jurassic Park), il film riesce ad approfondire l’atavico dilemma del confronto con gli Altri, fuggendo dalla mediocrità di una rappresentazione rigida di bene e male. Il concetto di mediazione/integrazione non vale solo per il rapporto tra umani e mostri. Anche i due protagonisti, donna e uomo, si conoscono piano piano, si odiano per poi riavvicinarsi nuovamente, si addomesticano a vicenda. Tutti i mostri, in fondo, ad osservarli bene, non sono mai così mostruosi.

Il voto di Pierolupo: 3/5
Il film non mi è dispiaciuto, nel senso che non mi sono addormentato, forse perchè aspettavo qualcosa di sorprendente che non è mai arrivato. Gli alieni sbarcano sulla terra, e lottano per sopravvivere sottraendo brutalmente spazio vitale agli umani. Gli umani tentano di contrastarli come possono. La guerra si insedia e durerà a lungo: ma la vita continua, come in qualunque zona di guerra, tra grandi dolori, piccoli traffici e sogni di normalità. Ma c’è poco spazio anche per gli effetti speciali, in realtà il film di fantascienza è una storia d’amore tra i due protagonisti raccontata come un documentario...

Gianluca Morozzi - Blackout (2008)

Blackout

In un torrido ferragosto bolognese, tre persone entrano insieme nell'ascensore di un palazzo di venti piani, una grande torre bianca che svetta su un quartiere popolare. Di colpo si spengono le luci, e i tre si ritrovano intrappolati tra l'undicesimo e il dodicesimo piano. Claudia è una studentessa omosessuale che per pagarsi gli studi ècostretta a fare la cameriera in un bar. Ha solo voglia di rientrare nel suo appartamento per farsi una doccia. Tomas è un ragazzo di sedici anni che vive nel palazzo con i genitori. Sta scappando di casa e deve raggiungere Francesca per fuggire con lei verso una nuova vita. Aldo Ferro è proprietario di tre noti locali, marito e padre, ma anche efferato serial killer e produttore di snuff movies casalinghi. Non vive in quel palazzo, ma vi custodisce i ferri del mestiere. Ha molta fretta: deve tornare in una baracca tra le montagne, dove, incatenata ma ancora viva, c'è la sua ultima vittima a cui ha staccato la pelle del viso per poi riattaccargliela con i chiodi, ma capovolta.

Massimo Gramellini - Fai Bei Sogni (2012)

Fai bei sogni

"Fai bei sogni" è la storia di un segreto celato in una busta per quarant'anni. La storia di un bambino, e poi di un adulto, che imparerà ad affrontare il dolore più grande, la perdita della mamma, e il mostro più insidioso: il timore di vivere. "Fai bei sogni" è dedicato a quelli che nella vita hanno perso qualcosa. Un amore, un lavoro, un tesoro. E rifiutandosi di accettare la realtà, finiscono per smarrire se stessi. Come il protagonista di questo romanzo. Uno che cammina sulle punte dei piedi e a testa bassa perché il cielo lo spaventa, e anche la terra. "Fai bei sogni" è soprattutto un libro sulla verità e sulla paura di conoscerla. Immergendosi nella sofferenza e superandola, ci ricorda come sia sempre possibile buttarsi alle spalle la sfiducia per andare al di là dei nostri limiti. Massimo Gramellini ha raccolto gli slanci e le ferite di una vita priva del suo appiglio più solido. Una lotta incessante contro la solitudine, l'inadeguatezza e il senso di abbandono, raccontata con passione e delicata ironia. Il sofferto traguardo sarà la conquista dell'amore e di un'esistenza piena e autentica, che consentirà finalmente al protagonista di tenere i piedi per terra senza smettere di alzare gli occhi al cielo.

venerdì 2 marzo 2012

Luca Castellitto - Io ti aspetto (2010)

Io ti apetto

Il telefono squilla nella notte. Papà è un pompiere e a lui non piace proprio tirarsi indietro, anche se l'incendio che l'ha buttato giù dal letto è scoppiato a Chernobyl, alla centrale nucleare. La piccola Marija è nella sua stanza, ma le voci dei genitori che discutono la svegliano. Mamma è arrabbiata: "Non andare, non è il tuo turno. La centrale è pericolosa!". Ma papà la tranquillizza: gli impianti sono sicuri, i sistemi di intervento tra i più avanzati del mondo. Con quelle parole esce di casa, per sempre. Un'altra voce, anni dopo, rompe il silenzio della notte. Due bambine sono costrette a svegliarsi. "Tu, tu! Prendete le vostre cose! Si parte!". Spaventate, incerte, intontite dal sonno, le piccole raccolgono le loro poche cose. Senza una spiegazione, le bambine vengono inghiottite dal buio della steppa. Un lungo tragitto in autobus, e poi l'aeroporto. Tra chi sale sul volo charter c'è anche Natasha, sette anni, spaurita e già provata dalla vita. Tra poche ore scoprirà che almeno da quel viaggio non ha niente da temere. La pista d'atterraggio è quella di Cagliari, Sardegna, Italia. Là l'attendono il sole, il caldo, la luce. E soprattutto Annalisa, che l'accoglie a braccia aperte e la colma delle carezze e delle attenzioni che Natasha non ha mai avuto. I destini di Marija e Natasha si svolgono paralleli e contrari. Dalla stessa tragedia, il terribile scoppio del reattore numero 4 di Cernobyl, nascono vita e morte, solitudine e calore umano. E perfino una nuova speranza.

Castellito si conferma,anche con questo romanzo,voce narrante dei bambini che non sanno raccontare(vedi la mia recensione di "Bambino stregone"). Siamo nel post Chernobyl,Bielorussia. Nelle storie di tante famiglie leggerete della poverta' dei contadini che non possono piu' cibarsi degli alimenti contaminati;dell'alcol che sotterra i dolori e le coscienze;degli Istituti per gli orfani e un insolito direttore comprensivo;del grande problema delle adozioni internazionali e dei genitori single;dei problemi di crescita nelle ragazze adolescenti;del dramma delle malattie e delle burocrazie dei governi. I destini del post Istituto o dei Riformatori vengono a gran voce descritti nelle ultime pagine:delinquenza e prostituzione. Ma la nostra piccola protagonista ce la fara'e non seguira' quella strada. L'amore della mamma italiana che per anni ha aspettato,portera' del bene.

Alessandro Baricco - Senza Sangue (2011)

Senza sangue

Manuel Roca e i suoi due figli vivono in una vecchia fattoria isolata nella campagna. Un giorno quattro uomini su una vecchia Mercedes imboccano la strada polverosa che conduce alla loro casa. Come se stesse aspettando da sempre questo momento, Manuel Roca non perde un attimo e chiama a sé i due figli. Qualcosa di terribile e indescrivibile sta per accadere; qualcosa che sconvolgerà irrimediabilmente la vita di tutti, soprattutto quella della piccola Nina.

The Pines - Dark So Gold

Dark So Gold

Difficile prendere un abbaglio con le copertine dei Pines, solitamente dedite ad una desolazione americana che parla in prima persona delle loro origini, nel bel mezzo del Midwest. È un motivo ricorrrente che si ripete anche per il quarto episodio disocgrafico, il secondo su Red House, Dark So Gold, titolo che incalza e ribadisce l'interesse della band per una certa malinconia folk, la stessa che li accompagna fin dagli esordi. In questo caso tocca ad un paesaggio degno di Nebraska (lo stato e il disco potremmo dire, in un colpo solo) dominato da uno spaventapasseri che dovrebbe suggellare l'anima di queste ballate, un po' scure e pigre, sulle quali il songwriting di Benson Ramsey e David Huckfelt va a nozze, acquistando un carattere ombroso ed evocativo. Sullo sfondo il duro, costante contrasto fra civiltà e campagna, terra e progresso, un che di spettrale che richiama un immaginario di fattorie in rovina e una vaga ispirazione al venerato maestro John Steinbeck.
Fin qui le suggestioni, anche intriganti se frequentate queste pagine, quindi la musica vera e propria, che nonostante una band allargata a sette elementi (l'ultimo arrivato è il chitarrista Jacob Hanson) si mantiene asciutta, arida, volutamente d'atmosfera e alla lunga snervante. Coinvolto nuovamente il padre di Benson (e del fratello Alex alle tastiere), ovvero sia Bo Ramsey, chitarrista sopraffino e partner storico di Greg Brown, che qui si limita a ribadire il suo attaccamento quasi maniacale per un folk rock scuro e parecchio sussurrato, The Pines battono il sentiero sul quale da troppo tempo ormai si sono fossilizzati. La formula funziona perché unisce una sensibilità rurale con quella sorta di estetica del suono molto indie rock, riassunta da Cry Cry Crow e All the While o ancora dalla liquida Moonrise, Iowa, ma siamo pericolosamente al margine di una chiara ripetizione. D'altronde non hanno mai brillato per varietà, concentrandosi piuttosto su un mood che si ripetesse per l'intero disco, abitualmente ridotto all'osso e mai oltre il canonico minutaggio: Dark So Gold dunque porta a compimento il viaggio inaugurato attraverso Sparrows in the Bell e soprattutto Tremolo, ad oggi il disco più fortunato a livello critico dei Pines, quello che li ha resi chiacchierati a sufficienza nel mondo Americana.
Momenti per apprezzare la loro arte roots 'minimalista' non mancano ancora adesso: il torbido country blues elettrico di Rise Up and Be Lonely, che ricorda certe sortite di Ray Wylie Hubbard, meglio ancora Be There in Bells, che nel movimento fra piano e slide guitar disegna una ballata da grandi orizzonti, e infine Chimes, forse il solo episodio folk rock dai tratti più cristallini e vivaci. Non che la creazione di quello che la stampa americana ha definito un "cinematic soundscape", sorta di colonna sonora della depressione del Midwest (la band è orginaria dell'Iowa, anche se di stanza a Minneapolis), sia un gesto da deplorare, ma qualche variazione sul tema, dopo quattro dischi in studio, avrebbe certamente giovato.

Tracklist
1. Cry, Cry, Crow 3:43
2. If By Morning 3:56
3. All the While 3:49
4. Moonrise, IA 1:49
5. Rise Up and Be Lonely 4:37
6. Be There in Bells 6:09
7. Grace Hill 2:18
8. Chimes 4:02
9. Dead Feathers 4:40
10. Losing the Stars 3:23

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