Un film di David Cronenberg. Con Michael Fassbender, Keira Knightley, Viggo Mortensen, Vincent Cassel, Sarah Gadon, Katharina Palm, Christian Serritiello, Franziska Arndt, Clemens Giebel, Andrea Magro. Drammatico, Ratings: Kids+16, durata 93 min. - Gran Bretagna, Germania, Canada 2011.
Zurigo 1904. Carl Gustav Jung ha ventinove anni, è sposato, in attesa di una figlia e affascinato dalle teorie di Sigmund Freud. Nell'ospedale Burgholzli in cui esercita la professione di psichiatra viene portata una giovane paziente, Sabina Spielrein. Jung decide di applicare le teorie freudiane sul caso di questa diciottenne che si scoprirà aver vissuto un'infanzia in cui le violenze subite dal padre hanno condizionato la visione della sessualità. Nel frattempo Freud, che vede in Jung il suo potenziale successore, gli manda come paziente lo psichiatra Otto Gross, tossicodipendente e dichiaratamente amorale. Saranno i suoi provocatori argomenti contro la monogamia a far cadere le ultime barriere e a convincere Jung ad iniziare una relazione intima con Sabina.
Non è difficile capire quanto questa sceneggiatura (che risale alla metà degli anni Novanta) e soprattutto questa storia con protagonisti che hanno rivoluzionato le scienze umane abbiano suscitato l'interesse di David Croneberg attento, come sempre, a vicende in cui siano centrali la complessità dell'essere umano e il coacervo di sentimenti e pulsioni che ne promuovono l'agire. Non c'è carne esposta o martoriata in questo film e neppure la violenza che esplodeva improvvisa nelle sue due ultime opere. C'è semmai un ritorno all'indagine della psiche già affrontato in Spider sotto l'egida di un romanzo di McGrath.
Sul rapporto tra Sabina Spielrein e Jung si era già puntata la macchina da presa di Roberto Faenza quando girò Prendimi l'anima. Cronenberg assume la stessa prospettiva mostrandoci l'evolvere della relazione Jung/Spielerein ma entrando in profondità anche nel rapporto maestro/discepolo che si va costruendo tra Freud e Jung. Una giovane donna urlante riempie lo schermo e una carrozza nelle prime inquadrature del film. Quel grido progressivamente si placherà ma resterà sempre sottotraccia, pronto a riemergere. Perché a Cronenberg interessa analizzare ancora una volta la fragilità dell'agire anche quando, a livelli culturali elevati, si tenta di lavorare sullo smascheramento delle cause del disagio finendo poi con il precipitarvi. C'è un'inquadratura di Carl Gustav e Sabine sdraiati vicini sul fondo di un'imbarcazione. Sembrano prigionieri di una bara in cui cercano di allentare una passione che contrasta con il lavoro che compiono sui pazienti e con la stessa deontologia professionale. In questo film poi i segni dell'elaborazione delle pulsioni cercano di trovare un incanalamento nella parola. Non solo in quella detta in sede di analisi ma anche in quella, scritta, del carteggio intercorso tra i tre protagonisti. Se Freud ammise il contributo dato dalla Spielrein alla psicoanalisi, Jung non lo fece, ma anche nel suo caso l'apporto è innegabile. Gli splendidi titoli di testa e di coda ci ricordano come i segni dell'inchiostro, su una carta che assume la porosità della pelle, abbiano inciso profondamente sulla storia del Novecento passando attraverso le illuminazioni e le contraddizioni di tre personalità in costante ricerca.
Il voto di Pierolupo: 2/5
Sono un grande estimatore di Cronenberg e sono rimasto molto deluso di questo film, niente delle geniali opere precedenti del regista. Anche i contenuti mi sono sembrati banali e scontati. Non è un polpettone ma quasi, per perdere un’ora e mezza c’è di meglio. Molto brava senz’altro la Knightley, ma poco credibile, quando passa da una condizione psicofisica estrema ad un'apparente normalità.
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