Un film di Kim Chapiron. Con Vincent Cassel, Olivier Bartélémy, Roxane Mesquida, Nico Le Phat Tan, Leïla Bekhti, Ladj Ly, Julie-Marie Parmentier, Gérald Thomassin, François Levantal. Horror, durata 94 min. - Francia 2006.
Sheitan cade logicamente nella confusione più totale, tanto da essere rischioso persino definirlo. Frullando i boschi de La casa (1981), gli autoctoni ritardati di Tobe Hooper o di Un tranquillo weekend di paura (1972) e un atteggiamento della periferia degna di una produzione di Luc Besson, Sheitan gioca su tutti i fotogrammi con i clichè più esasperati». Così la critica cinematografica d'oltralpe radiografa alla perfezione l'opera prima del regista di origini vietnamite Kim Chapiron, di cui sono protagonisti giovani ragazzi strappati alla banlieue parigina, insieme a Vincent Cassel.
Sheitan (il titolo in arabo e in persiano significa "Satana") è tratto da una sceneggiatura dello stesso regista e di suo padre, Christian Chapiron, e racconta in uno stile che viene palesemente dal genere dei videoclip musicali, fra commedia (molta) e horror (poco), una diabolica campagna parigina in una contemporanea notte di Natale.
Bart (Olivier Barthélémy), ragazzaccio di un sobborgo cittadino, arriva con i suoi amici Thaï (Nico Le Phat Tan), Yasmine (Leïla Bekhti) e Ladj (Ladj Ly) nella casa di campagna della seducente Eve (Roxane Mesquida), dove trascorreranno il Natale, magari all'insegna del sesso facile e di qualche orgia. Fra bambole fatte a pezzi, marionette impiccate e bizzarri compaesani, conosce il custode della casa, il pastore Joseph (Vincent Cassel), un uomo violento e sopra le righe, che ha una strana attrazione per lui. Quando però il letto di Yasmine viene invaso da cavallette, Bart e i suoi gregari cominciano ad averne abbastanza di quel posto e vogliono scappare.
Vietata ai minori di 16 anni in Francia, la pellicola è un horror psichedelico mischiato a un humour nerissimo letteralmente plasmato, modellato e illuminato dalla figura di Cassel (anche produttore assieme all'autore e a Éric Névé) che, da solo, regge interamente il film, apparendo però a tratti più gigione che spaventoso. Di sicuro, il suo doppio ruolo femminile è motivo di visione, così come certi jeux di sound-editing curati da Nguyen Lê. Ma tutto questo non basta a dare un "cuore tachicardiaco" all'opera che lascia piuttosto freddi, nonostante un montaggio febbricitante, invasato, onirico e accelerato che sicuramente sottolinea la totale libertà espressiva moderna dell'autore. Peccato anche per alcuni punti morti narrativi che decelerano il ritmo della sceneggiatura, rendono così poco compatto il film.
Insomma, l'operazione di Kim Chapiron - che aveva già diretto Cassel nei corti Tarubi L'Arabe Strait 2 (2001), La Barbichette (2002) e Le chat de la grand mère d'Abdel Krim (2003) – non riesce del tutto, malgrado il curioso e bellissimo finale e tutte le simbologie a questo annesse. Piccola curiosità: nella scena della rapina dell'autogrill, il commesso guarda un film horror in bianco e nero con una vampira che, guarda caso, è la nostra Monica Bellucci!
Il voto di Pierolupo: 2/5
E’ un film sconclusionato che alla fine ti fa solo incazzare. L’interpretazione di Cassel non mi è piaciuta, il ruolo di cattivo-scemo del villaggio non gli si addice. Per il resto del film non succede nulla a livello narrativo. Un sacco di cose non si capiscono e anche su Internet nessuno le ha capite. Fate altro.
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