Un film di Lars von Trier. Con Catherine Deneuve, David Morse, Björk Gudmundsdóttir, Peter Starnmare, Peter Stormare.
Dancer in the Dark era una canzone cantata, e ballata, da Fred Astaire in Spettacolo di varietà. Ed è la metafora della vita di Selma, operaia arrivata in America dalla Cecoslovacchia, minata da una cecità progressiva che diventerà totale, e che fantastica, appunto, sui musical. Lavora in tutti i turni in fabbrica, si porta a casa altri lavori, non ha svaghi, non ha amori, non ha niente, tranne un figlio che ha la sua stessa malattia, ma che potrà essere operato. Selma risparmia il denaro per l'operazione centesimo dopo centesimo. Quando un poliziotto (Morse) che le sembrava amico le ruba i soldi, tutto precipita, il film diventa un altro film. La donna finisce con l'uccidere il poliziotto (ma glielo chiede lui), viene arrestata, processata, condannata a morte, potrebbe evitare l'esecuzione pagando un avvocato, ma dovrebbe usare i soldi dell'operazione del figlio. Dunque preferisce farsi impiccare, e l'impiccano, con tanto di rumore del collo che si spezza. La persona più buona e generosa subisce le cattiverie e le ingiustizie peggiori della storia del cinema. Il talento di von Trier è ampiamente (esageratamente) riconosciuto. Anarchico, provocatorio, alla ricerca esasperata del non convenzionale (a cominciare dalla macchina a spalla che però abbandona quando serve) è anche il più spietato degli autori contemporanei (Altman è una specie di Capra edulcorato al confronto). Tutte le vicende partono dalla speranza e dalla dolcezza e finiscono nella più profonda e un po' compiaciuta, tragedia. L'estremizzazione è una pratica legittima ma l'artificio della musica e delle canzoni servono a von Trier come alibi per un approdo troppo disperato e agghiacciante. È un trucco che non ci piace. Vincitore della Palma d'oro a Cannes (naturalmente). Davvero straordinaria la cantante Bjork, a sua volta premiata come migliore attrice. Rivisto il "fantasma grasso" di Catherine Deneuve che il non convenzionale Lars fa diventare un'operaia alla catena di montaggio.
Il voto di Pierolupo: 2/5
Volete soffrire per due ore e venti minuti pregando che l’interprete principale non ottenga più rinvii alla propria esecuzione? Accomodatevi! Ci sono infiniti modi per raccontare una storia e per provocare un'emozione, tra i tanti il regista ha scelto il peggiore e il più ipocrita.
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