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Ricerca personalizzata

mercoledì 30 novembre 2011

The Panics - Rain On The Humming Wire

It’s a rare blessing for a band to withstand the rigours of the struggling artist to stay together for as long as The Panics. They’ve been a band for near a decade; their five-strong all-male line-up unchanged since their days in a hilly suburb on the outskirts of Perth. With the cityscape on one side and sweeping bushland to the other, it would be hard to shake the impact of such a backdrop in one’s formative years, and there’s a core part of that identity that remains with them through four albums and as many EPs.
As the winners of an ARIA for ‘Best Adult Contemporary Album’ in 2007 for Cruel Guards, The Panics have performed with the Western Australian Symphony Orchestra and have had songs featured on Ugly Betty and Underbelly, while still enjoying decent rotation on local independent radio (where a band like Eskimo Joe, for example, might not). As for Rain on the Humming Wire, the album title alone calls to mind the lonely, sparse stretches of this Antipodean landscape. Breaking away from the divisive grandiloquence of the orchestral additions of Cruel Guards, The Panics have returned to the fragile, sparse songwriting that made them a local staple, but not before lead single ‘Majesty’ draws on the cinematic pomp of their 2007 hit ‘Don’t Fight It’.

Tracklist
1. Majesty
2. Endless Road
3. Low On Your Supply
4. Creatures
5. One Way Street
6. Not Quite A Home
7. Walk That Mile Alone
8. Move On
9. Shot Down
10. How Long
11. Everything Is Quiet

http://www.myspace.com/thepanics

Republic Of Letters – Stories

Stories

San Diego indie rock band Republic of Letters have dropped their debut full-length album, Stories, which was produced by Brian Karscig (Louis XIV). The mild Brit pop rock influences and cool, melancholic indie vibes permeate throughout this 10-track release, as the band squeeze out some easy-on-the-ear, radio-friendly pearlers, such as ‘Lost Chord’, ‘Stories’ and ‘Running From’ – yet, I can’t seem to shake the feeling that I’ve heard this all before, countless times over the past decade or so. From an originality point of view, Stories is a major downer and feels more like a tribute to ROL’s favourite bands, rather than a forceful declaration of intent. It falls into the trap which many debuts do, as it feels like the awkward new kid at a school, who hover around in the background, trying to hang with the cool peeps and attempting to just blend in, instead of standing out and being an individual. I have no doubt that a lot of these tracks will find rotation on commercial radio stations – that isn’t the issue – but I’m left to wonder if the tracks will receive attention, because they remind the playlist compiler of another band, or if they’re genuinely impressed by ROL. Annoyingly safe, unmoving and predictable, Republic of Letters’ Stories leaves a lot to be desired. Just another indie release…

Tracklist
01. Lost Chord
02. Stories
03. Entre Chien Et Loup (Restless Hour)
04. Long Way Down
05. Running From
06. Painted Hour
07. Karma
08. Sounds Of Fury
09. Endless Drive
10. Kate

http://www.myspace.com/republicofletters

Simon Rich - Il compagno di banco (2011)

Il compagno di banco

Grazie ai sacrifici economici dei genitori, Seymour Herson studia alla Glendale Academy, l'esclusiva scuola di Manhattan frequentata dai ragazzi delle famiglie facoltose dell'East Side. È timido, goffo, non ha amici e gli altri ragazzi lo prendono continuamente in giro. Ma la sua vita cambia quando alla Glendale Academy arriva Elliot Allagash, il rampollo di una famiglia miliardaria, espulso già da diverse scuole per il suo comportamento indisciplinato. Elliot ha tutto ed è molto annoiato, così decide di dedicarsi a un nuovo hobby: rendere quello sgorbio umano il ragazzo più popolare della scuola. E così, grazie alle diaboliche strategie e ai soldi di Elliot, Seymour impara a giocare a basket, diventa rappresentante di classe ed elimina uno a uno i suoi nemici con il sotterfugio e l'inganno. Fino al giorno in cui decide di allontanarsi dal suo protettore, ma scopre che districarsi da una rete di menzogne così fitta e ingarbugliata non è affatto semplice come pensava...

Yehoshua Kenaz - Appartamento con ingresso nel cortile e altre storie (2011)

Appartamento con ingresso nel cortile e altre storie

Con profondità psicologica e descrizioni cristalline, come un caleidoscopio dell'animo umano, i racconti di Kenaz dipingono affreschi potenti di una società fatta di uomini comuni, personaggi della strada, legati uno all'altro da una rete invisibile di paure, invidie, aspirazioni e vizi, alienati dalla realtà e dipendenti, come burattini, dai fili di un destino imperscrutabile eppure sempre presente con la sua ombra minacciosa, pronto a manifestarsi nelle sue forme più imprevedibili e tragiche.

Robert Harris - L'indice della paura (2011)

L' indice della paura

È notte fonda quando il dottor Alex Hoffmann viene aggredito da uno sconosciuto che si introduce di nascosto nella sua residenza di Ginevra. A quarantadue anni Hoffmann è una leggenda: scienziato tra i più noti al mondo, è ora un ricco e potente uomo d'affari proprietario di una società che gestisce fondi d'investimento, e ha da poco creato un software sofisticatissimo e top secret, destinato a rivoluzionare i mercati finanziari di tutto il mondo. Nessuno dei suoi rivali sa come, ma il sistema che Hoffmann ha messo a punto e che ruota intorno al VIX - l'indice di volatilità, familiarmente chiamato dagli addetti ai lavori "indice della paura"- genera un incredibile ritorno in termini economici per i suoi clienti. Qualcosa, però/evidentemente non funziona: qualcuno vuole distruggerlo e l'aggressione del professore è solo il primo di una serie di accadimenti sconcertanti. Nel giro di ventiquattr'ore Hoffmann non è più lo stesso uomo e, mentre i mercati finanziari intorno a lui precipitano, ha inizio una lotta senza esclusione di colpi contro un avversario sconosciuto e per questo ancora più temibile. Ambientato nel competitivo mondo dell'alta finanza scosso dalla profonda crisi economica mondiale di questi ultimi anni, "L'indice della paura" è un thriller che riconferma Robert Harris come osservatore della società contemporanea.

Jodi Picoult - Un nuovo battito (2009)

Un nuovo battito

Per Shay Bourne, il primo condannato a morte nel New Hampshire da sessantanove anni a questa parte, è iniziato il conto alla rovescia. Il mondo non gli ha dato niente, e lui non ha niente da offrire al mondo. Eppure, in un solo momento, accade qualcosa che cambia tutto. Ora ha un'ultima occasione di salvezza: la possibilità di compiere un gesto che potrebbe riscattare tutta la sua esistenza, riparando forse al male che ha compiuto dodici anni prima... Padre Michael, da giovane, ha fatto una scelta che lo ha condotto a dedicare il resto della sua esistenza a Dio. Ma quando si trova faccia a faccia con Shay, è costretto a mettere in discussione tutto quello che gli hanno insegnato sulla religione, sul bene e il male, sul perdono. E su se stesso. È possibile che ci sia molto da imparare da un condannato a morte? Maggie Bloom, avvocato, è in prima linea nella difesa dei diritti umani, ed è pronta a combattere perché Shay possa esaudire il suo ultimo desiderio, anche se questo significherà affrontare una lunga battaglia in tribunale, e il rischio di svelare segreti che forse è meglio rimangano tali per sempre... "Un nuovo battito" si snoda fra aule di tribunali, cortili di prigioni, confessionali e stanze d'ospedale, approdando a un finale così realistico e sconcertante da lasciare stupefatti.

Marco Morello & Carlo Tecce - Io ti fotto (2010)

Io ti fotto. L'Italia è un Paese fondato sulla fregatura: ecco tutti i modi in cui gli italiani raggirano gli altri (e sé stessi)

In Italia, fottere l'altro - una parola più tenue non renderebbe l'idea - è un vizio che è quasi un vanto, "lo ti fotto" è una legge: di più, un comandamento. Convinti di questo, due giovani e brillanti giornalisti hanno esplorato ogni angolo d'Italia alla ricerca dei mille versanti del fottere, dai più quotidiani e apparentemente veniali ai più imprevisti e diabolici: dai meccanici e i tassisti pronti a fregare il prossimo cliente fino ai professionisti del raggiro, abili a evadere il fisco e poi a passare per moralisti, lenti a dichiarare bancarotta, lesti a scappare. E ancora: i mutui e le carte di credito patacca, le vacanze-estorsione, il fottere in rete, la carità truffaldina di Onlus inesistenti o sprecone... Per finire con il "fottere pubblico": gli appalti, le consulenze, gli espedienti micro e macro per svuotare le casse dell'Italia. Una progressiva "estensione del dominio del fottere" che rischia di coinvolgere non solo le alte sfere, i grandi criminali e i poveri diavoli, ma oramai la stessa classe media, impoverita e resa cinica dalla sensazione di esser rimasta l'unica a farsi ancora imbrogliare. In "lo ti fotto" c'è dunque di tutto e ce n'è per tutti: è un libro spassoso, scritto con una verve rara nei libri d'inchiesta, ma al contempo un reportage impietoso e allarmante, che - speriamo - scuoterà i lettori: se si continua a fottere perché "tanto in Italia tutti fottono", il Paese ha i giorni contati.

Gabriel García Márquez - La mala ora (2010)

La mala ora

In un villaggio tropicale senza nome, isolato da un fiume in piena e tormentato da una pioggia che sembra non avere mai fine, c'è qualcuno che tutte le notti appende ai muri delle case dei terribili fogli anonimi nei quali vengono messi alla berlina i vizi segreti degli abitanti. Non si tratta di rivelazioni straordinarie - sono pettegolezzi noti a tutti - ma il paese giunge sul punto di esplodere. L'alcalde, disperato, decide di rivolgersi a una veggente per scoprire il colpevole, ma la risposta dell'interpellata non farà che rendere il mistero ancora più fitto. Una storia emblematica che sembra superare il confine tra realtà e immaginario, un romanzo intenso e visionario nel quale García Márquez anticipa molti dei temi e dei simboli che compariranno nel capolavoro Cent'anni di solitudine.

Martin Scorsese – Quei Bravi Ragazzi

Locandina Quei bravi ragazzi

Un film di Martin Scorsese. Con Robert De Niro, Ray Liotta, Joe Pesci, Lorraine Bracco, Paul Sorvino, Frank Adonis, Tobin Bell, Mike Starr, Frank Sivero, Chuck Low, Henny Youngman, Gina Mastrogiacomo, Catherine Scorsese, Charles Scorsese, Jerry Vale, Julie Garfield, Christopher Serrone, Robbie Vinton, Daniel P. Conte, Tony Conforti, Joseph D'Onofrio, Steve Forleo, John Manca, Katherine Wallach, Mark Evan Jacobs, Marianne Leone, Susan Varon, Fran McGee, Edward McDonald, Edward Hayes, Daniela Barbosa, Gina Mattia, Joel Calendrillo, Anthony Valentin, Tony Lip, Frank Aquilino, Nicole Burdette, Paul Mougey, Gene Canfield, Manny Alfano, Erasmus C. Alfano, John DiBenedetto, Thomas Lowry, Margaret Smith, Richard Mullally, Frank Albanese, Paul McIssac, Bob Golub, Louis Eppolito, Mikey Black, Peter Cicale, Anthony Powers, Anthony Alessandro, Mike Contessa, Norman Barbera, Anthony Polemeni, James Quattrochi, Lawrence Sacco, Dino Laudicina, Thomas E. Camuti, Andrew Scudiero, Irving Welzer, Jesse Kirtzman, Russel Halley, Spencer Bradley, Bob Altman, Joanna Bennett, Gayle Lewis, Gaetano Lisi, Luke Walter, Ed Deacy, Larry Silvestri, Johnny Cha Cha Ciarcia, Vito Picone, Janis Corsair, Lisa Dapolito, Michael Calandrino, Vito Antuofermo, Vito Balsamo, Peter Fain, Vinnie Gallo, Gaetano LoGiudice, Garry Blackwod, Stella Kietel, Dominique De Vito, Michealangelo Graziano, Paula Gallo, Nadine Kay, Tony Ellis, Joel Blake, H. Clay Dear, Thomas Hewson, Margaux Guerard, Violet Gaynor, Nancy Ellen Cassaro, Adam Wandt, Joseph P. Gioco. Titolo originale Goodfellas. Drammatico, durata 146 min. - USA 1990.

Cresciuto a Brooklyn, l'italo-irlandese Ray Hill (Liotta) ha una sola aspirazione: diventare un gangster. Ci riesce, ma finirà per denunciare i compagni, rassegnandosi a un'esistenza grigia. Un film sulla mafia gangsteristica italoamericana diverso dagli altri. Con l'occhio impassibile di un antropologo, su una sceneggiatura scritta con Nicholas Pileggi e tratta dal suo romanzo Wise Guys, Scorsese racconta la normalità del delitto al quale non concede nemmeno attenuanti psicologiche o sociali. La morte violenta v'incombe nei modi più efferati, ma in questa storia di piccoli operai del crimine conta la vita quotidiana dei goodfellas: comportamenti e riti familiari, differenze etniche, sottigliezze verbali, rapporti tra famiglia e Famiglia, come lavorano, si vestono, stanno in cucina, si divertono. Come “si fanno”. Non è un romanzo, ma una relazione clinica. Senza lieta fine né catarsi. 6 candidature agli Oscar, vinse J. Pesci, attore non protagonista.

Il voto di Pierolupo: 5/5
A mio parere, è uno dei più grandi capolavori di Scorsese. Il film è raccontato in modo geniale, ricco di intrecci interessanti e un montaggio da Oscar. Inoltre gli attori sono davvero grandi, Ray Liotta, Joe Pesci, compreso Robert De Niro non ancora rincoglionito. Un film da non perdere.

Shane Meadows – This Is England

Locandina This Is England

Un film di Shane Meadows. Con Thomas Turgoose, Stephen Graham, Jo Hartley, Andrew Shim, Vicky McClure, Joe Gilgun, Rosamund Hanson, Andrew Ellis, Perry Benson, George Newton, Frank Harper. Drammatico, durata 101 min. - Gran Bretagna 2006.

Inghilterra 1983. Shaun è un dodicenne spesso irriso dai compagni di classe. Al momento delle vacanze estive il ragazzino entra a far parte di un gruppo di skinhead, che lo prendono sotto la loro ala protettiva. In questo paesino della provincia inglese Shaun crescerà con i nuovi amici, tra Dr. Martens e contraddizioni, in un periodo difficile per la nazione coinvolta nella guerra delle Falkland.
Lo sguardo autobiografico del regista Shane Meadows sull'Inghilterra di inizio anni '80 è dolce e amaro. Traspare l'amore per la propria terra, manifestato con le musiche coinvolgenti dell'epoca e i tipici luoghi comuni della gioventù britannica, e si percepisce una forte critica a un paese che lo delude, perchè si cresce e si diventa adulti senza grosse prospettive. Shaun, interpretato dal bravissimo Turgoose, conosce già il dolore, toccato con la morte del padre nel conflitto con l'Argentina, i suoi occhi, tuttavia, comunicano speranza, vitalità, tipici di un'esistenza appena iniziata. Nel suo gruppo, vestito con la "divisa" (Dr. Martens, camicia a quadri, bretelle e testa rasata) convivono inizialmente giovani con la necessità di ideali, che compiono ragazzate e che si divertono come molti coetanei. È l'arrivo dell'elemento disturbante Combo (Stephen Graham) a innescare la bomba a orologeria, e una spirale razzista e violenta.
Il tic-tac del timer che conduce all'esplosione finale, è il rapido percorso di crescita del piccolo Shaun che, in seguito all'atto scellerato di Combo (che impersona il fascino del Male), compie il suo primo atto di volontà, di fronte all'immensa distesa di acqua salata.

Il voto di Pierolupo: 4/5
Una grande interpretazione da parte del ragazzino Thomas Turgoose. Imperdibile questo film con una rappresentazione perfetta dell’Inghilterra degli anni 80. Bellissima la colonna sonora. Straconsigliato.

domenica 27 novembre 2011

Eran Riklis - Il Responsabile Delle Risorse Umane

Locandina Il responsabile delle risorse umane

Un film di Eran Riklis. Con Mark Ivanir, Guri Alfi, Noah Silver, Rozina Cambos, Julian Negulesco, Bogdan Stanoevitch, Gila Almagor, Reymond Amsalem, Rosina Kambus, Yigal Sade, Bogdan E. Stanoevitch, Irina Petrescu, Papil Panduru, Sylwia Drori, Roni Koren, Danna Semo, Ofir Weil. Titolo originale The Human Resources Manager. Drammatico, durata 103 min. - Israele, Germania, Francia 2010.

Licenziamenti e assunzioni all'ordine del giorno. Il mestiere del responsabile delle risorse umane sta tutto lì: conoscere i candidati, sottoporli a colloquio e infine accettarli o rimandarli a casa alla ricerca di un'altra opportunità. Semplice, chiaro e diretto. Talmente meccanico da ridurre al minimo le implicazioni umane degli incontri e ampliare al massimo quelle utilitaristiche. Può capitare quindi di scordarsi volti e nomi dei propri dipendenti, così come accade al protagonista del film, accusato da un giornalista d'assalto di non essersi interessato alla morte tragica di una ex dipendente, rimasta uccisa in un attentato terroristico in Israele. Nessun parente reclama il suo corpo e il manager, messo alle strette dal senso di colpa, decide di partire per un lungo viaggio verso il paese natale della ragazza, un villaggio sperduto nella fredda Romania, alla ricerca di un parente disponibile a fare il riconoscimento. Lontano da casa e dagli affetti, troverà l'occasione per riflettere su se stesso.
Tratto da un romanzo di Abraham B. Yehoshua, il film di Riklis smorza l'intensità drammatica dei lavori precedenti, per approdare ad un road movie picaresco dai toni semiseri ma dai risvolti esistenziali. Le lunghe pause tra un dialogo e l'altro, caratteristica predominante de Il giardino di limoni, qui si arricchiscono di accenti avventurosi che rendono più briosa la narrazione. I personaggi si spostano da un luogo all'altro, non rimangono fermi a guardare il corso delle cose; il giornalista rincorre il successo e un'idea di onestà intellettuale alquanto discutibile ma vive ancora con la madre e si ostina a rifiutare una certa maturità. Il manager è in baruffa con moglie e figlia ma si aggrappa alla speranza di un riscatto morale, vede nella disgrazia l'occasione di rinascita personale.
Attorno ai due personaggi contrapposti, ruotano il figlio ribelle della donna, un marito irresponsabile e due buffi ambasciatori del consolato. Donne e uomini che si confrontano con l'identità della ragazza uccisa, che non compare mai se non in una fotografia sfocata e in un breve video. Quella conformità costruita e cresciuta sulle tappe del viaggio in corso è un corpo fisicamente assente ma molto presente con il carico di ricordi che ha lasciato alle persone care. La meta è, sì il raggiungimento della madre della vittima, l'unica che può riconoscere la salma, ma è anche il motivo della riconciliazione del protagonista con la parte umana di sé, andata perduta ormai da tempo. La passionalità della storia, di per sé ricca di suggestioni evocative, non attraversa le immagini del cinema. Riklis frena i suoi intenti e ci lascia spazio all'interpretazione, dandoci però pochi punti di riferimento. Chi sta a guardare sente di essere in balia di qualcosa, ma non accede fino in fondo alla verità dei fatti. Un piccolo messaggio però arriva: abbiamo tutti delle "risorse umane" alle quali badare, al di là di confini e frontiere.

Il voto di Pierolupo: 4/5
Un viaggio infinito per fare la cosa giusta, con il peso della responsabilità simboleggiato dalla surreale immagine della bara sul portabagagli del furgone. Belle le riprese, insolite le ambientazioni di Gerusalemme e della Romania, bella la rappresentazione di come un uomo duro di cuore può cambiare. A me è piaciuto.

Anna Marchesini - Il terrazzino dei gerani timidi (2011)

Il terrazzino dei gerani timidi

Per la bambina che attraversa le pagine del racconto, come per ogni bambino, le esperienze sono tutte prime volte, che si tratti di avvertire il frullo d'ali di una farfalla che trema dentro le sue dita e poi ruzzola a terra senza vita, oppure del timore permanente che anche la mamma farà come quella farfalla. La vita scoppia dentro la sua minuscola esistenza, la vita sì ma anche la morte, tuttavia le cose, le voci, le impressioni e le vite degli altri non si possono sentire nel tramestio quotidiano che scorre col tempo dell'orologio. La bambina che abita "II terrazzino dei gerani timidi" scopre piano piano che può ascoltarle nel silenzio immenso in cui annega quell'angolo di casa che si affaccia sui tetti, il luogo solitario che col tempo diventerà la sua stanza tutta per sé. Là dentro le sarà possibile riconoscere le invisibilità che corrono sotto la crosta del mondo e avvertire il turbamento che suscita in lei l'offerta della vita. Proprio quella bimba, cui la mamma ha insegnato a camminare sul dolore, in silenzio assisterà alla nascita del sogno e ancora per lei, seduta là dove solo regnano silenzio e piccioni, finalmente emergeranno, vita della vita, la poesia, gli scrittori, la letteratura e le parole dei libri, la scoperta che le vite sbucciate e naufragate, che nella realtà non fanno che nascondersi, che cessare di amare, invece nel sofisticato rammendo che l'arte è in grado di ricamarvi intorno, possono diventare esistenze immortali.

sabato 26 novembre 2011

The Savings And Loan - Today I Need Light

Today I Need Light

Opening their offering with a smooth yet sombre, captivating string ensemble introduction, The Savings And Loan immediately evidence their sensitive, moving and beautiful if melancholic intentions. 'Swallow' then falls into a raw down-tempo song with Martin Donnelly's low Tom Smith (Editors) meets Tom Waits vocals sounded bare over an intricately picked solo nylon strung guitar accompaniment. The simplicity of 'Swallow' ads a raw guitar and vocal only number instantly offers the flavour of a sombre yet entrancing open mic act; the kind that, depressing as they might be, one can't help but be drawn into their sorrowful yet entrancing song.
Heralding more of a full band, early Coldplay-like blend with 'Lit Out' and many of the tracks that follow, Scottish duo The Savings And loan combine picked guitar with sensitive brushed drums and hints of electric guitar, bass, piano and organ forming a gentle accompaniment to the honest and poetic lyrics sung by Donnelly. 'Pale Water' later evidence sensitive Buckland-esque electric guitar parts echoing over a ground of organ and acoustic guitar; but, unlike the early Coldplay material that The Savings And Loan can be compared to, their tracks never kick in to a strong chorus. The influence of the likes of sombre folk-blues singer songwriters Leonard Cohen, Johnny Cash, Bob Dylan and Tom Waits also sound clear, however, the chordal structures throughout this album remain simple and largely repetitive throughout meaning that a great chunk of mid-album tracks unfortunately blur into one.
The highlights of Today I Need Light, however, hidden towards its close and perseverance through a wealth of samey, depressing songs is rewarded. 'Her Window' begins in the familiar melancholic vein with Donnelly singing of crucifixion over a similarly morbid accompaniment combining organ drone under strummed acoustic, sensitive bass and subtle hints of electric guitar and piano. 'Her Window' later picks up with smooth low strings, tambourine and a gentle piano countermelody, building as a glimmer of beautiful ad hopeful light in an otherwise woeful and dark release.
The six minute conclusion to the album then evidences the same sombre start; towards the close of the track, however, a gentle brass ensemble joins to warm the cold, dark sombre and seemingly solitary songwriting like the warming, rich sound of the Salvation Army band in the winter time. The chorus, complete with the simple yet beautiful accompanying harmonies of the mellow brass ensemble, then repeats to bring the album to a mesmerising close.
Despite its inconsistency and prolonged melancholy, Today I Need Light does evidence occasional moments of true musical beauty and potential; a promising start.

Tracklist
01. Swallows
02. Lit Out
03. The Virgin’s Lullaby
04. Catholic Boys in the Rain
05. Pale Water
06. The Star of the County Down
07. Met (a Storm)
08. Her Window
09. A Pleasing Companion

http://www.myspace.com/thesavingsandloan

Mint - Magnetism

Magnetism

I was about to call Mint something along the lines of “Grandaddy without synths”, but then I realized that they do use synths, so now I have to settle for “Grandaddy with subtler synths”. Even that’s kind of a cop-out, however, given that the primary similarities between Grandaddy and the songs on Belgian quintet Mint’s second album Magnetism are a certain detached, mellow feel, and the whispery vocals of Erwin Marcisz and Jason Lytle. Oh, and there’s a song on Magnetism that humanizes a piece of machinery (“I’m a Traffic Light”). Other than that, they’re completely different. Similarities aside, Magnetism is a nice little pop record that sorta rocks out in the way that, say, Sparklehorse “rocks out”, and gets all sensitive at all the right times. Turning awkward song titles into infectious choruses seems to be a specialty of Marcisz’s, and it only takes two listens to start singing along to things as catchy as “Your Shopping Lists Are Poetry” and “The Magnetism of Pure Gold”. The album’s highlight, however, is the driving “The Winter of 1985”, whose keyboards give it that icy glare so effective in songs about the winter season, but whose pounding drums propel it to euphoric heights. This is just the sort of stuff that college radio should love, and for good reason—these guys have some serious talent, even if their sound hasn’t quite yet managed to separate them from some of their contemporaries.

Tracklist
1. The Lake
2. Ah, You Left Me
3. Your Shopping Lists Are Poetry
4. Everything Is Wrong
5. The magnetism of Pure Gold
6. Dead Weight
7. I’m A Traffic Light
8. Shoot The Darkness
9. Here It Comes Again
10. The Winter of 1985
11. Im In Love, etc.

http://www.myspace.com/wearemint

Dente - Io Tra Di Noi

Io tra di noi

È un Dente almeno in superficie più maturo e dimesso quello che si intravede tra le righe di "Io tra di noi"; a trentacinque anni e al suo quarto disco, Giuseppe Peveri si presenta in maniera leggermente più compassata rispetto alle uscite precedenti, senza tuttavia rinunciare alla sua ironia agrodolce e al gusto del calembour, entrambi tratti salienti che hanno richiamato l'attenzione di un pubblico sempre più vasto, in particolare sui due album precedenti, "Non c'è due senza te" e "L'amore non è bello".
Sarebbe stato, in effetti, gioco facile provare nuovamente a colpire con qualche battuta a effetto, con altre storie in grado di strappare sorrisi più o meno amari e con ritornelli che entrano in testa al primo ascolto; invece, fedele alle sue contorsioni mentali, Dente predilige una forma in un certo senso meno immediata dal punto di vista narrativo, alla quale corrisponde una maggiore elaborazione degli arrangiamenti che, grazie al contributo di una band stabile, spaziano da organetti vintage a impetuose aperture di fiati e archi, dalla spoglia essenzialità di voce e chitarra ad atmosfere lievemente trasognate e in prevalenza imperlate da sottili granelli di polvere.
Se si eccettua l'indovinato singolo "Saldati", con i suoi versi "portami a vedere il cielo anche se è nuvolo, ho tanto caldo anche se è inverno", nei dodici brani di "Io tra di noi" non si scorgono tracce del possibile tormentone, quanto piuttosto numerose prove della capacità di Dente di sintetizzare con spontaneità istantanee di amori sbagliati, batticuori passeggeri, l'immaturità e l'umana incertezza di buona parte della sua generazione.
Dalle tante negazioni che non affermano dell'iniziale "Due volte niente" ai ricordi non condivisi di "Io sì", dal fatalismo della vivace e battistiana "Piccolo destino ridicolo" ("più che il destino è stata l'Adsl che via ha unito") al candore retrò alla Ivan Graziani di "Puntino sulla i", l'album offre una serie di quadretti in bianco e nero dai quali emerge la figura di un artista che, piuttosto che occhieggiare al gusto "indie italiano" prevalente, preferisce ritrarsi nell'ombra di una solitudine assaporata e gestita col consueto piglio ironico, anche se più amaro rispetto al passato (memorabile, tra le altre ricercatezze linguistiche, l'ambivalenza dell'espressione "una persona sola" in "Da Varese a quel paese").
Dente, in fondo, continua a non prendersi molto sul serio, sorvolando con levità le ferite dell'anima e divertendosi a soffocare sul nascere i rischi di un eccesso di melassa, come nel caso dei quarantasette secondi dell'autosufficiente miniatura "Cuore di pietra" o del risveglio al pathos della seconda parte di "Casa tua", che con repentina vivacità orchestrale infrange l'estatica tensione sessuale, poeticamente rappresentata nella prima.
Discorso a sé merita la lunga jam conclusiva "Rette parallele", eccentrica rispetto al resto del disco non per tematica (l'amore impossibile tra entità destinate a non incontrarsi mai) ma per i suoi sette minuti di durata, con tanto di arrangiamento tropicaleggiante e un vivace inserto di pianoforte che fa tanto "Misread". Si tratta forse dell'unico divertissement di un album altrimenti compunto e più seriamente introspettivo di quanto l'artista emiliano non fosse solito finora.
Gli anni passano anche per lui e la sua scrittura si affina, diventando più scarna e pacata ma non per questo meno istintiva; e anche se in "Io tra di noi" mancano i passaggi da tormentone, l'album non manca di suscitare riflessioni e sorrisi amari e quell'attenzione d'ascolto che solo un buon impianto cantautorale può riuscire a destare. Se poi la sua proposta risulterà nuovamente troppo poco accomodante per i palati più semplici e troppo poco intellettuale per le ricercatezze a tutti i costi tanto in voga nella musica "alternativa" italiana, probabilmente Dente se ne curerà ben poco e continuerà a celebrare il tutto con amarezza beffarda, lanciandosi in solitudine altri coriandoli sulla testa.

Tracklist
1.Due volte niente
2.Piccolo destino ridicolo
3.Saldati
4.Da Varese a quel paese
5.Cuore di pietra
6.Giudizio universaltile
7.Casa tua
8.Io sì
9.Puntino sulla i
10.Settimana enigmatica
11.Pensiero associativo
12.Rette parallele

http://www.myspace.com/amodente

Cemeteries - Speaking Horrors

Cemeteries is the moniker Buffalo, New York resident Kyle Reigle goes by when he’s scoring the next psychological dream film that going to blow Hollywood’s mind. At least, that’s what I hope he’s doing.
“Speaking Horrors” is a self-recorded, self-released ten song collection about ghosts “both literally and figuratively”. The album creates lush soundscapes filled with dreamy vocals, reverb, and poppy guitar and piano riffs. A mix of folk, shoegaze, and electronic music Cemeteries is nothing if not pleasant to listen to. Opening track “Watch the skies or Walking Home, October 31st” possesses not only an aptly beautiful title, but instructs the listener on what to do while listening. Having discovered this album on Halloween last year, I did just that, and here’s what I wrote when I got home after listening through half the album and sitting on porch couch to listen to the rest before going in.
“Speaking Horrors” kicks off with some weird ambient noises. Wolves howling, wind, crickets, and after almost a minute a faint piano note rings. The piano continues sparsely with what sound like almost random notes, only for the acoustic guitar to start strumming and tie all the sounds together. The delayed, echoey guitars and entire feel of the song reminds of Donnie Darko, in a good way. In a, “why wasn’t this song in Donnie Darko?” sort of way.
“Watch the Skies or Walking Home, October 31st” continues to keep you attentive with catchy vocal lines and a vibe that makes you feel good all over, until shit gets serious and the song hits the floor. At this point on my walk I stopped, stood, and listened – hooked. Surrounded by a dream world of sound, surrounded by all ages of people dressed in costume tricking and treating throughout Houghton.
The rest of the album continues to build worlds I would happily immerse myself into. Tracks 9 and 10 lose me a little, but up until 8 – solid.

Tracklist
1. Watch the Skies or Walking Home, October 31st
2. Leland
3. The Storm
4. At Night
5. These Frightening Things
6. Ghosts
7. Young Blood
8. Fires In Your Cities
9. Run!
10. The Owls Aren't What They Seem

http://www.myspace.com/speakinghorrors

http://www.mediafire.com/?9gnu6x90s2cgtrm

Roddy Doyle - Bullfighting (2011)

Bullfighting

Roddy Doyle torna ai grandi temi che hanno incantato i suoi lettori fin dall'epoca dei Commitments, raccontandoci le storie di una Dublino popolare e vivissima, nella quale ciascuno di noi si può rispecchiare. Tredici racconti che insieme compongono una sorta di "romanzo corale", che ancora una volta dà prova del talento dello scrittore irlandese nel saper riscattare le piccole cose, conferendo loro una straordinaria forza evocativa. Il tema dominante è quello della mezza età, e della crisi che inevitabilmente essa porta con sé. I protagonisti, tutti uomini, sono in qualche modo toccati da una perdita - del loro posto nel mondo, del potere, della virilità, della salute o dell'amore - e sono alla disperata ricerca di sé o delle glorie del passato. C'è la storia di una coppia sposata da tempo, che sembra trovare in un cane l'ultimo, fondamentale motivo per stare insieme, finché il cane non sparisce improvvisamente, rimettendo tutto in discussione. E c'è un gruppo di amici dublinesi che durante una vacanza in Spagna continuano a vivere come se fossero a casa, a bere, parlare, ubriacarsi, fino a un momento di epifania nell'arena, durante una corrida... E c'è la vicenda di una coppia giovane, che si perde e si ritrova - forse - in un'altalena continua di silenzi cercando un senso a un rapporto che molto probabilmente non ne ha più, mentre la nube del vulcano islandese ricopre di cenere l'Europa e la loro storia...

Diego De Silva - Sono contrario alle emozioni (2011)

Sono contrario alle emozioni

Bisogna immaginarselo, Vincenzo Malinconico che va dallo psicoterapeuta e non è capace di fare il paziente. Bisogna immaginarselo fuori dallo studio, per strada, o a casa, mentre vive la sua vita e si fa le domande piú eccentriche e peregrine, e trova le risposte piú folli e piú logiche. Tagliarsi la lingua leccando una busta è o meno un infortunio che la racconta piú lunga di quel che sembra? Ci siamo interrogati abbastanza sulla portata avanguardistica di Raffaella Carrà? Perché guardare una palma mozzata sul lungomare può falsificare in un attimo il bilancio di un¿esistenza intera? È una gioia stargli dietro, seguire la sua testa tortuosa e cristallina mentre formula teoremi, aforismi e vanvere, variazioni sul tema dell¿amore, dell¿emotività e dei sentimenti; improvvisi interrogativi su parole che a un tratto perdono di senso; recensioni estemporanee di vecchie canzoni, di strani film, di eventi e persone; appunti sulla vita che assomigliano agli spilli di un entomologo instancabile. Nei suoi tentativi di analisi fai-da-te per ricomporre il senso di una storia finita, Vincenzo nasconde se stesso e il suo problema, per dirci molto di piú. Un romanzo vorticoso, fatto di pezzi brevi, comici, filosofici, sempre folgoranti, dove la scrittura si palesa al lettore in una delle sue versioni piú artigianali: quella di strumento per capire come la pensiamo sulle cose.

Vasco Rossi - La Versione di Vasco (2011)

La versione di Vasco

"Ognuno ricorda le cose alla sua maniera, ognuno un po' se la racconta. Le biografie sono tutte false. Io sono stato franco. Con questo libro di dichiarazioni forse si capirà di più la mia versione. La versione di Vasco".
Oggi Vasco Rossi è molto più di una rockstar. Dall'estate del 2011 le sue incursioni entrano come lame affilate nei grandi temi dell'uomo e dell'attualità: la vita, la religione e Dio, l'amicizia, il senso dello Stato, la libertà, i giovani, il successo... Con questo libro i fan e chi non lo conosce abbastanza scopriranno un Vasco Rossi diverso e inedito. Sempre spericolato, sempre libero e temerario. Ma anche appassionato lettore di Bakunin e degli anarchici dell'Ottocento; di Proust e di Sant'Agostino. Una formazione da autodidatta che vive in ogni sua canzone. "La versione di Vasco" raccoglie i pensieri, le domande, le riflessioni della più seguita rockstar italiana. Un libro da leggere e da regalare. Una vera sorpresa. Una straordinaria testimonianza di vita.

venerdì 25 novembre 2011

Darkstar - North

North

Per cosa potrà essere ricordato il 2010 negli anni a venire? Il ritorno prepotente di certe sonorità pop, profondamente plasmate da effettistica elettronica, è un indizio decisivo. Due eventi come gli esordi di Twin Shadow e The Hundred In The Hands sono esempi lampanti. Pur con le caratteristiche che li contraddistinguono, i due dischi hanno riesumato gli albori del synth-pop senza sfigurare o peccare in calligrafia, ma veleggiando su livelli di eccellenza sotto tutti i punti di vista. L'opera prima dei Darkstar si inserisce in questo contesto con prepotenza e risalto quanto meno equiparabili.
Nonostante il lancio del disco assicurasse rivoluzioni in ambito dubstep, oltre a fantomatiche promesse di innovazione, “North” non è altro se non un bell'album di canzoni electro-pop. Spesso generare un'attesa smodata per un album può risultare controproducente, tuttavia la band sembra non averne risentito. Un trio la cui genesi è un incontro londinese fra James Young e Aideen Whaley, ai quali nel 2010 s'è aggiunto il cantante James Buttery. Malinconico, ombroso, deturpato: il suono non acquista un tono peculiare, ma assume progressivamente sfumature delicate, tonalità mai sgargianti, piuttosto opache. Una descrizione così netta e precisa rispecchia in modo pertinente il contesto in cui sono nate queste canzoni: Londra, città luminosa e tetra, folgorante e opprimente al tempo stesso, colma di caos e distrazioni. Mistici intrecci fra electro-wave (chi si ricorda di “Heat”?), electro-pop, commoventi linee pianistiche e un timido rantolo vocale.
L'opulenza di certe linee di synth risplende in un gioco di luci scurissime (foschi riflessi per “In The Wings”, atmosfere funeree in “Two Chords”, l'intro “In The Wings”), mentre l'assenza della voce non toglie un grammo di fascino a una musica stentorea (la marcetta zoppicante “Aidy's Girl Is A Computer”, la saturazione di bassi in “Ostkruez”). Dove un'ipotesi di ritmo vivacizza una cadenza tiepida (i complessi intrecci timbrici di “Gold”, le fredde folate di drum machine nella title track), l'opposto consta di placidi minimalismi (la lenta progressione di “Deadness”). La conclusione, ancor più trascinata e senza sussulti ritmici, conduce a una versione profondamente personale e passionale del pop elettronico.
“Dear Heartbeat” e “When It's Gone” sono la perfetta chiosa per un album tagliente, ardente, manifesto di un rimestio di idee tale da generare attesa e trepidazione. Pur non essendo esattamente ciò di cui si chiacchierava, "North" mette in mostra una malia irresistibile, vette di lirismo autunnale e una forza interiore da scovare. Un perfetto sigillo da riesumare in solitudine, fra nebbie e pensieri polverosi.

Tracklist
1. In the Wings
2. Gold
3. Deadness
4. Aidy's Girl Is a Computer
5. Under One Roof
6. Two Chords
7. North
8. Ostkreuz
9. Dear Heartbeat
10. When It's Gone

Remate - Superluv (Por Lo Que Tiene De Romántico)

Superluv

Si finalmente, y tal y como todo apunta, se convierte en realidad ese futuro en que los sellos discográficos brillen por su ausencia y los grupos se autoediten colocando su música directamente en Internet, nos perderemos muchos datos que sirven para contextualizar la carrera de un artista. Pongamos por caso a Remate. En su deambular por lo más granado del sector discográfico nacional el asturiano ha parecido buscar un reconocimiento que se le resiste en su propio país. No tanto fuera de nuestras fronteras, donde su pop de autor con rasgos de americana (ayer. Hoy menos…) ha encontrado aplauso frecuentemente. Remate es lo que se podría decir un artista maldito, sí, y lo es en contra de su voluntad. No tengo claro si “Superluv” va a hacer algo por remediarlo –de hecho, y para ser sincero, me sorprendería mucho que así fuera- pero lo que resulta innegable es que su séptimo largo supone un notable salto de calidad, además de su, hasta la fecha, más importante pirueta creativa, con abrazo al castellano incluido. La ambición de Remate comienza por el aspecto conceptual -un álbum de canciones dedicadas a actrices porno que utilizan el “Superluv” como parte de su nombre artístico- y continúa por la compañía que se ha procurado para llevarlo a buen puerto –LD Beghtol como productor, y nombres tan atractivos como el de Julia Kent y Stephin Merritt jugando a las colaboraciones-. El resultado de todo ello es un disco de falso lo-fi, en el que el aire descacharrado y desganado que termina por imbuir al conjunto no es más que un recurso estético bajo el que laten canciones de una belleza extraña y estructuras bien distintas entre sí -no en vano Remate admite la influencia del “69 Love Songs” -, que transitan terrenos apenas explorados por el pop nacional y esplendorosas cuando dan en el clavo “Típico de California”, “Elvis Luv”, “Por lo que tiene de romántico” o “Gigante”.

Tracklist
01 Tipico de California
02 Laurie Allen
03 Shirley Maclaine
04 Elvis Luv
05 Por lo que tiene de romantico
06 Iris
07 Penny Century
08 La perdida
09 Mrs Bankrupt
10 Gigante
11 Marie
12 Mas alla
13 Superluv
14 Estampidas de Caballos

http://www.myspace.com/rematemusic

Ibrahimovic Zlatan - Io, Ibra (2011)

Io, Ibra

Da bambino la madre picchiava il piccolo Zlatan con un cucchiaio di legno, rompendoglielo in testa. Lui si consolava rubando biciclette e lasciando a bocca aperta i ragazzi più grandi con il pallone tra i piedi. All'Ajax lo accusarono di aver causato di proposito l'infortunio di un compagno che gli toglieva spazio. Nell'agosto del 2006 scandalizzò l'Italia lasciando la Juventus per l'Inter in piena [leggi tutto ...] Calciopoli. Tre anni e altrettanti scudetti dopo volò verso la squadra dei suoi sogni, il Barcellona, ma con Guardiola il rapporto non decollò. Dietro l'angolo c'era l'ennesimo colpo di teatro e il ritorno a Milano, stavolta con la maglia rossonera... In "Io, Ibra" Zlatan Ibrahimovic racconta per la prima volta i suoi numeri fuori e dentro il campo, gioie e follie di una vita sempre sopra le righe.

Sarah Pekkanen - l'amore non è il mio forte (2010)

L' amore non è il mio forte

Lindsey e Alex, sorelle gemelle, non potrebbero essere più diverse. Stesso giorno di nascita, stessi geni, eppure sembrano provenire da due pianeti lontani anni luce l'uno dall'altro. Fin da piccola, Lindsey ha sempre dovuto lottare per non essere l'eterna seconda. Alex, invece, è una bellezza mozzafiato in grado di abbagliare chiunque le si tovi di fronte e di far scomparire qualunque donna le stia accanto. Ecco perché Lindsey, a ventinove anni, quando, dopo aver dedicato la vita al lavoro e alla carriera, sta finalmente per ottenere un'importante promozione, crede di avercela fatta. Ma in una notte devastante, complice un colpo basso di una collega e troppo champagne, il sogno va in pezzi. Lasciata alle spalle la scintillante Manhattan, fa ritorno a casa, nel Maryland, dove però l'attende un'amara sorpresa: Alex, infatti, non solo sta per sposare Mr. Perfezione, ma flirta spudoratamente con l'amico d'infanzia di Lindsey, l'unico che l'ha sempre preferita all'affascinante sorella. È come se il mondo le crollasse addosso per la seconda volta in pochi giorni. Ma un nuovo lavoro e un incontro inaspettato permetteranno a Lindsey di ricostruire il rapporto con Alex e di scoprire un lato di se stessa che non avrebbe mai osato immaginare. E che le permetterà di prendersi qualche rivincita.

Folco Quilici - La dogana del vento (2011)

La dogana del vento

Una valle prealpina, aprile 1945: Guido, quindicenne, e sua madre sono rifugiati a Villa Alta, sotto l'imponente maniero della Dogana del Vento. Lì, al rugginoso cancello di Villa Alta, si presenta Pjotr, di poco più vecchio di lui. È un cosacco. Tra le tante vicende drammatiche che si incrociarono negli anni del Secondo conflitto mondiale, poco nota ancora oggi è quella dei circa ventimila cosacchi che, fieramente antibolscevichi, combatterono volontari accanto ai tedeschi e agli italiani. All'approssimarsi della fine del conflitto, i cosacchi cercarono un accordo con i vincitori ma furono rimpatriati e, condannati per tradimento, finirono davanti ai plotoni d'esecuzione o nei gulag siberiani. Con la fine delle ostilità Guido perde le tracce di Pjotr, ed è tormentato dal sospetto che, insieme ai suoi, abbia fatto una fine crudele... Passano gli anni, quando d'improvviso una strana coincidenza riaccende in Guido il desiderio di conoscere la vera sorte dell'amico perduto: di una giovane promessa del calcio italiano i giornali scrivono che è figlio di un cosacco fuggiasco. Guido si mette sulle tracce di Erminia, la donna che anni prima ha amato un cosacco al punto da concepire un figlio con lui. Il rapporto che stabilisce con lei è alimentato dal legame di entrambi con quel cosacco di cui si sono perse le tracce. E proprio facendo i conti con il passato Guido ed Erminia potranno aprirsi a un futuro carico di sorprese...

Margaret Mazzantini - Mare al mattino (2011)

Mare al mattino

Farid e Jamila fuggono da una guerra che corre piú veloce di loro. Angelina insegna a Vito che ogni patria può essere terra di tempesta, lei che è stata araba fino a undici anni. Sono due figli, due madri, due mondi. A guardarlo dalla riva, il mare che li divide è un tappeto volante, oppure una lastra di cristallo che si richiude sopra le cose. Ma sulla terra resta l'impronta di ogni passaggio, partenza o ritorno - che la scrittura, come argilla fresca, conserva e restituisce. Un romanzo di promesse e di abbandoni, forte e luminoso come una favola.

mercoledì 23 novembre 2011

Lars Von Trier – Dancer In The Dark

Locandina Dancer in the Dark

Un film di Lars von Trier. Con Catherine Deneuve, David Morse, Björk Gudmundsdóttir, Peter Starnmare, Peter Stormare.

Dancer in the Dark era una canzone cantata, e ballata, da Fred Astaire in Spettacolo di varietà. Ed è la metafora della vita di Selma, operaia arrivata in America dalla Cecoslovacchia, minata da una cecità progressiva che diventerà totale, e che fantastica, appunto, sui musical. Lavora in tutti i turni in fabbrica, si porta a casa altri lavori, non ha svaghi, non ha amori, non ha niente, tranne un figlio che ha la sua stessa malattia, ma che potrà essere operato. Selma risparmia il denaro per l'operazione centesimo dopo centesimo. Quando un poliziotto (Morse) che le sembrava amico le ruba i soldi, tutto precipita, il film diventa un altro film. La donna finisce con l'uccidere il poliziotto (ma glielo chiede lui), viene arrestata, processata, condannata a morte, potrebbe evitare l'esecuzione pagando un avvocato, ma dovrebbe usare i soldi dell'operazione del figlio. Dunque preferisce farsi impiccare, e l'impiccano, con tanto di rumore del collo che si spezza. La persona più buona e generosa subisce le cattiverie e le ingiustizie peggiori della storia del cinema. Il talento di von Trier è ampiamente (esageratamente) riconosciuto. Anarchico, provocatorio, alla ricerca esasperata del non convenzionale (a cominciare dalla macchina a spalla che però abbandona quando serve) è anche il più spietato degli autori contemporanei (Altman è una specie di Capra edulcorato al confronto). Tutte le vicende partono dalla speranza e dalla dolcezza e finiscono nella più profonda e un po' compiaciuta, tragedia. L'estremizzazione è una pratica legittima ma l'artificio della musica e delle canzoni servono a von Trier come alibi per un approdo troppo disperato e agghiacciante. È un trucco che non ci piace. Vincitore della Palma d'oro a Cannes (naturalmente). Davvero straordinaria la cantante Bjork, a sua volta premiata come migliore attrice. Rivisto il "fantasma grasso" di Catherine Deneuve che il non convenzionale Lars fa diventare un'operaia alla catena di montaggio.

Il voto di Pierolupo: 2/5
Volete soffrire per due ore e venti minuti pregando che l’interprete principale non ottenga più rinvii alla propria esecuzione? Accomodatevi! Ci sono infiniti modi per raccontare una storia e per provocare un'emozione, tra i tanti il regista ha scelto il peggiore e il più ipocrita.

lunedì 21 novembre 2011

Kim Chapiron - Sheitan

Locandina Sheitan

Un film di Kim Chapiron. Con Vincent Cassel, Olivier Bartélémy, Roxane Mesquida, Nico Le Phat Tan, Leïla Bekhti, Ladj Ly, Julie-Marie Parmentier, Gérald Thomassin, François Levantal. Horror, durata 94 min. - Francia 2006.

Sheitan cade logicamente nella confusione più totale, tanto da essere rischioso persino definirlo. Frullando i boschi de La casa (1981), gli autoctoni ritardati di Tobe Hooper o di Un tranquillo weekend di paura (1972) e un atteggiamento della periferia degna di una produzione di Luc Besson, Sheitan gioca su tutti i fotogrammi con i clichè più esasperati». Così la critica cinematografica d'oltralpe radiografa alla perfezione l'opera prima del regista di origini vietnamite Kim Chapiron, di cui sono protagonisti giovani ragazzi strappati alla banlieue parigina, insieme a Vincent Cassel.
Sheitan (il titolo in arabo e in persiano significa "Satana") è tratto da una sceneggiatura dello stesso regista e di suo padre, Christian Chapiron, e racconta in uno stile che viene palesemente dal genere dei videoclip musicali, fra commedia (molta) e horror (poco), una diabolica campagna parigina in una contemporanea notte di Natale.
Bart (Olivier Barthélémy), ragazzaccio di un sobborgo cittadino, arriva con i suoi amici Thaï (Nico Le Phat Tan), Yasmine (Leïla Bekhti) e Ladj (Ladj Ly) nella casa di campagna della seducente Eve (Roxane Mesquida), dove trascorreranno il Natale, magari all'insegna del sesso facile e di qualche orgia. Fra bambole fatte a pezzi, marionette impiccate e bizzarri compaesani, conosce il custode della casa, il pastore Joseph (Vincent Cassel), un uomo violento e sopra le righe, che ha una strana attrazione per lui. Quando però il letto di Yasmine viene invaso da cavallette, Bart e i suoi gregari cominciano ad averne abbastanza di quel posto e vogliono scappare.
Vietata ai minori di 16 anni in Francia, la pellicola è un horror psichedelico mischiato a un humour nerissimo letteralmente plasmato, modellato e illuminato dalla figura di Cassel (anche produttore assieme all'autore e a Éric Névé) che, da solo, regge interamente il film, apparendo però a tratti più gigione che spaventoso. Di sicuro, il suo doppio ruolo femminile è motivo di visione, così come certi jeux di sound-editing curati da Nguyen Lê. Ma tutto questo non basta a dare un "cuore tachicardiaco" all'opera che lascia piuttosto freddi, nonostante un montaggio febbricitante, invasato, onirico e accelerato che sicuramente sottolinea la totale libertà espressiva moderna dell'autore. Peccato anche per alcuni punti morti narrativi che decelerano il ritmo della sceneggiatura, rendono così poco compatto il film.
Insomma, l'operazione di Kim Chapiron - che aveva già diretto Cassel nei corti Tarubi L'Arabe Strait 2 (2001), La Barbichette (2002) e Le chat de la grand mère d'Abdel Krim (2003) – non riesce del tutto, malgrado il curioso e bellissimo finale e tutte le simbologie a questo annesse. Piccola curiosità: nella scena della rapina dell'autogrill, il commesso guarda un film horror in bianco e nero con una vampira che, guarda caso, è la nostra Monica Bellucci!

Il voto di Pierolupo: 2/5
E’ un film sconclusionato che alla fine ti fa solo incazzare. L’interpretazione di Cassel non mi è piaciuta, il ruolo di cattivo-scemo del villaggio non gli si addice. Per il resto del film non succede nulla a livello narrativo. Un sacco di cose non si capiscono e anche su Internet nessuno le ha capite. Fate altro.

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