Roma, ventiquattro dicembre. Sabina, una ragazza di vent'anni come tante, è entrata nel parco più grande della città: vuole trovare un luogo dove sdraiarsi, da sola, sull'erba, distante dalle strade e dal loro rumore, dalle esplosioni dei bengala che arrivano ovunque, lontana dalla lite appena avuta con Stefano che per lavoro l'ha lasciata a casa da sola. È arrabbiata. Finalmente trova un angolo di prato dove chiudere gli occhi. Quando li riapre, precipita in un incubo: non vede più nulla. E diventata cieca, in una villa che ha un perimetro di quasi dieci chilometri e zone fitte di vegetazione che nelle sue condizioni si trasformano in una trappola. La città ignara, intorno a lei e alla villa, continua a celebrare la sua notte di festa. Ferita e terrorizzata, affronta un pericoloso cammino alla ricerca di un'uscita, di un ritorno alla città e alle persone dalle quali è appena fuggita, per salvarsi e per salvare la vita che da qualche mese porta in grembo.
L'esordio alla scrittura di Giacomo Lopez, "Non resterà la notte", ha tutti i pregi e i difetti di un'opera prima, ma i primi fanno facilmente dimenticare i secondi. La scrittura è semplice lineare e alla ricerca di una purezza che a volte diventa didascalica, ma tiene il ritmo e coinvolge il lettore senza annoiarlo mai. Lo spunto narrativo, la protagonista Sabina incinta litiga con il fidanzato e per la rabbia si rifugia a Villa Pamphili a Roma dove rimane improvvisamente cieca, non è particolarmente originale, ma è bello pensarlo come omaggio ad un maestro della letteratura portoghese e mondiale. I personaggi che hanno attraversato la vita di Sabina non sono ben definiti, ma tutti ci appaiono sinceramente descritti, non filtrati e in fondo li avremmo voluti anche noi come amici e familiari. Il vero valore aggiunto di questo romanzo è il cammino a ritroso a cui è costretta dalla cecità Sabina. Un ritorno alla natura animalesca dell'essere umano come camminare a quattro zampe, cercare rifugio sugli alberi, proteggere la prole, il bere quel che è disponibile, la paura degli altri animali. Sabina non emerge come un "buon selvaggio" di rousseauiana memoria, ma ci mostra che gli istinti primordiali sono solo nascosti nelle sovrastrutture della società moderna, dove a volte trovano un tragico e drammatico sfogo. La stessa protagonista è terrorizzata dalla violenza che possano farle due teppisti e reagisce con una violenza non filtrata dalle convenzioni sociali. Giacomo Lopez inizia con il piede giusto e lo attendiamo alla sua seconda opera, fiduciosi di aver trovato il seme di una nuova letteratura italiana che sappia traumatizzare ma non inorridire, pensare ma non angosciarsi.
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