Qual è il vantaggio di crescere nell'Alberta rurale, quella distesa bruciata dal gelo di campi di grano tra Edmonton e Calgary? Lo spiega di fronte ai nostri occhi, increduli, Nils Edenloff, emigrato forzato a Toronto. Non importa che le Montagne Rocciose siano un miraggio lontano, appannato dalla foschia agostana, non importa che lo schiudersi di una rosa selvatica e la vita quotidiana dei lavoratori dell'industria petrolifera siano l'argomento principe dell'attualità locale: solo per il fatto che appartengono alla "sua" terra, Edenloff sente il bisogno impellente di raccontare tutto ciò. Non con un segreto compatimento, non con maliziosa condiscendenza, ma con sincera, ingenua nostalgia: che sberleffo a certe pose post-moderne! La sua esuberanza, la sua urgenza comunicativa si traducono in un disco vibrante, odoroso di tutte le sensazioni di un'infanzia e di un'adolescenza accadute sul serio. La forza di "Hometowns" risiede insomma nella nitidezza delle immagini e delle sensazioni che sa evocare.
Una band composta di soli tre elementi risveglia qualche dubbio: forse si teme che questo sia l'ennesimo, sgraziato composto di nenie e lamentazioni davanti alla cartolina della terra natia. Solo una cosa si rivela azzeccata, di questo pregiudizio: la voce, assai poco educata, anzi proprio "rozza", di Edenloff. Uno snarl dalle ascendenze grunge che connette l'alt-country dei Nostri all'immediatezza dei Two Gallants, quasi conterranei ma soprattutto nella stessa etichetta. Lo sostiene la prova magistrale di Paul Banwatt, batterista, in grado di giostrare in groppa a vari registri, offrendo una prestazione che non sfigurerebbe al cospetto di un Devendorf (The National). Si passa così dal vigore nervoso iniettato in "The Dethbridge In Lethbridge" al pulsare sintetico di "Don't Haunt This Place" (e a Matt Tong dei Bloc Party fischieranno le orecchie, con tutta probabilità). A completare il gruppo la presenza, mai ingombrante, di Amy Cole: ora con le tastiere, ora col violino, ora con un controcanto, dona un tocco di ingentilimento a un disco che sembra in ogni momento dibattersi per uscire dagli argini.
Le ballate dal gusto un po' naif di Edenloff possono richiamare una versione più ingenua e sanguigna dei Neutral Milk Hotel di "In The Aeroplane Over The Sea". Questo pare il riferimento più naturale, per una band e un disco che sanno però svincolarsi agilmente, proponendo ad esempio un electro-pop à-la Postal Service che rimane, a partire dall'iniziale e programmatico manifesto "The Ballad Of The RAA", un leitmotiv di tutto il disco ("Sleep All Day", "In The Summertime"). Tra questi pezzi si inseriscono schitarrate energiche, anthem adolescenziali ("Drain The Blood", "The Dethbridge In Lethbridge") e stornelli acustici che paiono aprirsi come le strade dell'Alberta di fronte alle ruote di una bicicletta: "The Deadroads", "Rush Apart" e "Four Night Rider".
Nessuna di queste, però, onestamente, sa portare con sé l'odore dell'asfalto bagnato che si asciuga al sole, il vento caldo sul viso, la magnifica solitudine di un pomeriggio ozioso durante le vacanze scolastiche, quanto il dolce cullare di "Edmonton". E' la hometown di Nils ma, per un momento, pare anche la nostra. (Ondarock)
Tracklist
1. The Ballad of The RAA
2. Rush Apart
3. The Dethbridge in Lethbridge
4. Don't Haunt This Place
5. The Deadroads
6. Drain the Blood
7. Luciana
8. Frank, AB
9. The Air
10. Sleep All Day
11. Four Night Rider
12. Edmonton
13. In The Summertime
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