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domenica 27 marzo 2011
Typhoon - Hunger And Thirst
“Alex, Casey, Dave, Devin, Eric, Grant, Jen, Jimmy, Kyle, Nora, Paige, Pieter, Ryan, Shannon, Toby, Tyler, and sometimes, Danielle, Maia and Anna” . Sul loro Myspace si presentano così, manco fossero una classe di prima elementare. Una classe normale, pre riforma-affollamento Gelmini (vorrei tanto non sapere che c’ha nella testa, Mariastella), ma pur sempre un bell’ assembramento: sette componenti fissi che in formazione allargata arrivano a diciassette, diciotto, venti (!). Sono tutti compagni di scuola (vent’anni l’età media, beati loro) e vicini di casa (a Portland), e periodicamente organizzano festicciole casalinghe durante le quali si esibiscono per amici e conoscenti. Tutto molto (sogno)americano, molto “do it yourself”. Infatti, col tempo, le feste tra amici si sono trasformate in piccoli-grandi eventi, con gente che arriva da mezzo paese per assistere ad esibizioni-fiume che attirano mediamente un pubblico di cinquecento persone.
E perché mai? Semplice: perché sono una band straordinaria. Il loro “epic-pop” (definizione discutibile quanto necessaria) ruota intorno alla figura del cantante e chitarrista Kyle Morton, faccia da bravo ragazzo e piglio sicuro da futura (indie)rockstar. La sua voce ha una caratteristica inquietante: ricorda qualcuno da molto vicino, ma non si riesce a capire chi: Will Oldham? Jason Molina? Geoff Farina? Adam Duritz? Forse tutti e quattro, o forse qualcun’altro (apriamo il televoto). Comunque sia, quando la scolaresca si riunisce intorno a Morton, lo fa in maniera compatta e devastante: due batterie, due chitarre, basso, piano, toy piano, violino, sezione fiati e un piccolo coro. Oggi in cattedra salgono loro (tanto il supplente deve ancora essere nominato).
“Hunger and Thirst” è una narrazione continua, le tracce si susseguono senza interruzione usando come intro la coda del brano precedente (necessaria dunque l’edizione in vinile). La voce di Morton è subito protagonista in “Starting Over”, così come la sezione fiati, che prende quota definitivamente nella furia folk-mariachi di “White Liars”, punto d’incontro neanche troppo immaginario tra The Decemberists e Calexico. La progressione si conclude nell’apice chiamato “CPR – Claws Part 2”: prima parte condotta da chitarre arpeggiate e piglio indie-rock, break centrale in chiave vocal-gospel e chiusura semplicemente irresistibile tra chitarre sincopate e bassi rotondi che ricordano i Three Mile Pilot (band sottovalutata perché schiacciata dall’appeal romantico dei cugini Black Heart Procession). Sette minuti per una mini-suite degna di un Sufjan Stevens, eppure dotata di grande personalità.
Il resto non è da meno, tra sinistre riletture rock (“Body of Love”), intermezzi bossa (“Intermission”), cavalcate folk (“Belly of The Cave”, disperata alla maniera del primo Songs:Ohia) e un trittico composto da una ballata da pelle d’oca (“Happy People” ricorda – per la miseria! – “John Wayne Gacy Jr”, ancora Sufjan Stevens), seguita da una preghiera laica quasi a cappella (“Old Haunts, New Cities”) e chiusa da un minuto di delirio devoto e corale (chi ha detto Bruce Peninsula?). Niente da fare, non c’è un momento debole in questo “Hunger and Thirst”, neanche una chiusura (“The Sickness Unto Death”), all’apparenza troppo Bright Eyes ma resa speciale da una sapienza nell’utilizzo delle voci che pochi altri hanno.
E allora ragazzi tutti in classe, che se riusciamo a fare colletta per comprare i banchi possiamo iniziare l’anno scolastico. L’anno musicale invece volge lentamente alla fine, per cui tanto vale iniziare a farsi domande importanti: disco dell’anno? (Storiadellamusica)
Tracklist
1. Starting Over (Bad Habits) 03:33
2. White Liars 04:45
3. CPR - Claws Part 2 06:59
4. Ghost Train 02:58
5. Body of Love 03:50
6. Intermission 01:11
7. Happy People 04:07
8. Old Haunts, New Cities 04:38
9. Mouth of the Cave 00:43
10. Belly of the Cave 07:10
11. The Sickness Unto Death 03:19
http://www.myspace.com/wearetyphoon
http://www.mediafire.com/?nn3hn2q3tzg
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