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giovedì 17 marzo 2011

Carlo Lucarelli - L'Estate Torbida

L' estate torbida

Di Carlo Lucarelli sono usciti in sei anni nove titoli. Brevi romanzi che raccontano misteri e trame delittuose. Alcuni sono estravaganti, come l'insolito "Guernica" (Minotauro, 1996), avventura nella Spagna del 1937; uno, sull'Italia degli anni trenta, è un Giallo Mondadori ormai introvabile, "Indagine non autorizzata" (1993, con intervista a cura di Lia Volpatti); tre formano la serie che ha per protagonista il commissario De Luca. Fra i narratori con ambizioni letterarie della sua generazione Lucarelli, nato a Parma nel 1960, è l'unico che abbia scelto di investire il proprio notevole talento nel genere codificato del romanzo poliziesco. E rispetto ai grandi autori italiani, da Gadda a Sciascia, che hanno utilizzato i meccanismi dell'inchiesta ma per far altro, Lucarelli si distingue perché dentro il genere vuole starci. Il suo è un poliziesco storico. Il periodo che lo interessa è quello del fascismo, specie alla fine, nel torbido passaggio dalla guerra civile alla ricostruzione. Di libro in libro, il commissario De Luca acquista uno sfondo e una carriera. Ha vinto il concorso nel 1928; è stato il più giovane commissario della polizia italiana, con tessera del Partito (è normale); e con tessera inoltre durante Salò, e nella squadra politica della Muti. In "Carta bianca", aprile 1945, nonostante il disastro degli ultimi giorni De Luca s'accanisce a scoprire l'assassino di un bell'uomo che piaceva a tutti (pugnalato al cuore e all'inguine). Ma infine scappa, verso il Nord, saltando in fretta su un'automobile. Qualche mese dopo, in "L'estate torbida", lo ritroviamo fuggiasco per i paesi della Romagna, sotto falso nome; ma è riconosciuto, costretto a indagare su un caso di strage; e in conclusione eccolo con le manette ai polsi spinto dai carabinieri. In "Via delle Oche", terzo episodio, è il 1948, a Bologna. Fra aprile e luglio - con le elezioni, l'attentato a Togliatti, e Bartali maglia gialla - De Luca, che è stato declassato a vice commissario della Buoncostume, seguendo la cattiva stella di investigatore per passione, e muovendosi da un bordello all'altro, scopre la pasticciata ragion di stato nascosta dietro tre delitti. Peggio per lui .Il libro termina lasciandolo seduto su un divanetto, mentre aspetta che il questore lo chiami per avviarlo a non si sa quale destino. La frase preferita (e la giustificazione) di De Luca è "Sono un poliziotto". Invece Lucarelli ha spiegato che lo attira quanto c'è di ambiguo nella figura del poliziotto, "strumento della verità" e "strumento del potere". Può dar fastidio, in Lucarelli, una certa propensione a uscire dalle vecchie mitologie per entrar subito nelle nuove, da cui viene il tipo del fascista innocente. A compenso, vale la sua capacità di creare un universo romanzesco, che coincide con il momento storico osservato però dal basso, là dove poliziotti e assassini stanno insieme, e più delle idee spiccano i corpi. Lucarelli è visivo (come tutti gli scrittori che frequentano anche fumetti e video) e selettivo. Costruisce mentalità e personaggi insistendo su due o tre particolari opportunamente ingranditi. Un vestito a fiori o una ciabatta, o l'occhiata, il gesto, stringersi nelle spalle, mordersi il labbro. Link rimosso

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