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domenica 1 settembre 2013

Misophone - Be Glad You Are Only Human

Be glad you are only human

https://myspace.com/misophone

Tracklist
1.Cavalcade
2.The Motherless Moth Headed Bread Boy
3.Grey Clouds (Part 2)
4.Goodbye
5.As She Walked Out Of The Door
6.One Last Time (Part 2)
7.Be Glad You Are Only Human
8.I Sleep Like The Dead
9.Homeward, Gone
10.Spisske Nova Ves
11.Been In The Storm
12.I Hope I Might Be Wrong
13.Life Is Good

Il preludio alla paura, quell’anticamera di serenità quasi surreale, dilatata fino a risultare iperbolicamente ansiogena: è da qui che origina il fascino di tanta filmografia del terrore, ed è da qui che si può partire per comprendere meglio il magnetismo sprigionato da un album come “Be Glad You Are Only Human”, dove un pop che profuma di zucchero filato sale a farsi un giro sulle folli giostre della psichedelia e ne torna ammantato di un’aura oscura e inquietante degna delle migliori horror OST.
S. Herbert e M.A. Welsh sono un eclettico duo inglese che risponde al nome di Misophone: S. è un compositore di estrazione classica in grado di suonare più di venti strumenti diversi (e, a quanto si dice in giro, il numero sarebbe in continua crescita) mentre M.A., voce e banjo dei Misophone, è un artista-scrittore cui si devono le incursioni dei rumorismi più disparati oltre che i testi cupi dei brani, che a tratti sembrano uscire dalla penna di Jeff Mangum. Nel giro di soli cinque anni di attività, i Misophone hanno collezionato centinaia di canzoni e pubblicato ben dodici album (un tredicesimo è già in arrivo, a neanche sei mesi dal release di “Be Glad You Are Only Human”), dimostrando una vena creativa fervidissima e instancabile.
Come il precedente album “Where Has It Gone, All The Beautiful Music Of Our Grandparents? It Died With Them, That’s Where It Went...” (un titolo splendido, peraltro), la dodicesima fatica dei Misophone è stata licenziata in tiratura limitata da Kning Disk, una piccola label svedese che presta una cura straordinaria a ogni minimo dettaglio dei suoi album (tra cui lavori di Erik Enocksson, Peter Broderick e Library Tapes), partendo dall’estrema raffinatezza delle coverart fino ad arrivare al ringraziamento da parte dell’artista su ciascuna delle copie vendute, tutte numerate a mano.
“Be Glad You Are Only Human” si apre sul filo di una puntina da vinile, che si posa su un accorato lamento proveniente da un tempo e da un luogo lontani e che tinge già da subito di toni seppia le atmosfere dell’album. A questa ouverture fa seguito una serie di brani dalle melodie ariosamente pop, velate di un’ombrosa inquietudine che grazie al sapiente utilizzo di music box, organo, glockenspiel e honky tonk riesce a evocare una paura quasi irrazionale e per questo più che mai attraente (“The Motherless Moth Headed Bread Boy”, “As She Walked Out Of The Door”, “Spisske Nova Ves”), raggiungendo in più occasioni insospettabili picchi di tensione emotiva, come nella calma funerea della strumentale title track, nel crescendo balcanico (di stoker-iana memoria) di “Homeward, Gone”, o nella cadenza da walzer degli orrori di “I Sleep Like The Dead”.
M.A. Welsh infesta i brani di suoni stregati, che volteggiano leggeri come fantasmi conferendo un tocco di psichedelia e rimandando al lato più “leggero” dello sperimentalismo degli Olivia Tremor Control.
Forse è proprio nel binomio tra l’attrazione e il turbamento, sentimenti che scaturiscono all’ascolto in maniera quasi simbiotica, a risiedere il fascino questo piccolo gioiello di psychedelic pop, ed è proprio qui che sta la differenza principale con il precedente “Where Has It Gone...”, che condivide senz’altro con “Be Glad You Are Only Human” il pop pastello, le melodie malinconiche e gli accenni di psichedelia, ma che manca completamente della capacità di quest’ultimo di ipnotizzare l’ascoltatore tra i colori del suo spaventevole, mirabolante carosello.
L’album si conclude con “Life Is Good”, dove la voce gentilmente ovattata di M.A. Welsh sembra cedere il passo a quella oscura di malvagi Oompa Loompa cacciati dal paradiso di cioccolata di Mr. Wonka. Alla chiusa (apparente) del brano fa seguito un sussurro di piano e archi, che scivolano via in una sorta di vaporoso “to be continued”. E’ una promessa o una minaccia? Difficile dirlo, ma una cosa è certa: fortunatamente per noi, non è finita qui. (Ondarock)

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