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lunedì 31 maggio 2010
The Juliets - The Juliets
Il Voto Di Pierolupo: 4/5
http://www.myspace.com/julietsband
Music Research Engine
Tracklist
1. Sweetheart 03:57
2. The Letter 03:51
3. This Just In 03:01
4. Sunday Song 03:57
5. Evolved Into 03:41
6. Rimbaud and Verlaine 03:07
7. Like A Parade 04:48
8. Streets of Gold 03:46
9. Landlord 00:30
10. Who Needs Astrology? 04:04
11. The Sequel 05:44
12. Drive You Home 02:52
domenica 23 maggio 2010
Marc Webb - 500 Giorni Insieme
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Un film di Marc Webb. Con Zooey Deschanel, Joseph Gordon-Levitt, Clark Gregg, Minka Kelly, Matthew Gray Gubler, Rachel Boston, Geoffrey Arend, Chloe Moretz, George Romero, Ian Reed Kesler, Darryl Alan Reed, Valente Rodriguez, Patricia Belcher, Yvette Nicole Brown, Catherine Campion, Jennifer Hetrick, Jenn GotzonTitolo originale (500) Days of Summer. Commedia, Ratings: Kids+13, durata 96 min. - USA 2009. - 20th Century Fox
Tom, con una laurea da architetto, lavora presso un editore di biglietti augurali per il quale deve inventare formule che vadano bene dal compleanno alla partecipazione a un lutto. Un giorno viene assunta come segretaria del suo capo Summer, la quale ha come filosofia di vita la regola di non volere un rapporto duraturo. Tom se ne innamora timidamente e lei lo contraccambia. Il film ci racconta, in un continuo andirivieni, i 500 giorni della loro storia a due.
Diciamolo subito: di esordi di questa qualità, nel genere 'commedia romantica', ce ne vorrebbero di più. Marc Webb, che ha alle spalle numerosi videoclip musicali, dirige con mano sicura e forte senso dell'humor che nasce dall'osservazione (un po' amara ma veridica) del comportamento umano. Il punto di vista è quello di Tom (così non mancherà chi accuserà il film di posizioni maschiliste) e già da questa scelta prende l'avvio il ribaltamento di alcuni stereotipi. Il romantico è lui, quello che sogna il matrimonio è sempre lui, quello che soffre di più è ancora lui. Intendiamoci: Summer non è affatto una cinica distruggiuomini. È semmai una giovane donna dei nostri giorni con barriere difensive che dovrebbero proteggerla dal dolore e con una contraddittorietà che fa parte del suo stesso essere e di cui finisce con il divenire consapevole.
Lo stile narrativo di Webb ci mette in situazione a partire dalla fine del rapporto (la prima risata la ottiene da subito con la scritta che compare sullo schermo in apertura di film) per poi farci surfare tra le onde di dinamiche di coppia in cui più d'uno potrà riconoscersi. Lo fa omaggiando il cinema che ama (da Il laureato a Il settimo sigillo) e regalandosi anche un'incursione nel musical con tanto di animazione incorporata. Senza mai perdere di vista il fil rouge che attraversa tutti i 500 giorni: è difficile (oggi forse più che mai) non fare confusione tra ciò che si vorrebbe che fosse e ciò che è nella realtà. In particolare nel rapporto di coppia perché, come cantava Eugenio Finardi, "l'amore è vivere insieme, l'amore è sì volersi bene ma l'amore è fatto di gioia ma anche di noia". Webb riesce a comunicare il concetto senza mai annoiare il suo pubblico. Neppure per un minuto. E non è poco. (Mymovies)
Daniele Luchetti - La Nostra Vita
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Un film di Daniele Luchetti. Con Elio Germano, Raoul Bova, Isabella Ragonese, Luca Zingaretti, Stefania Montorsi, Giorgio Colangeli, Alina Madalina Berzunteanu, Marius Ignat, Awa Ly, Emiliano Campagnola, Alina BerzunteanuCommedia, durata 95 min. - Italia, Francia 2010. - 01 Distribution
Claudio è un operaio edile trentenne che lavora nei cantieri della periferia romana e vive con la moglie Elena e i due figli, in attesa del terzo. Gran lavoratore e marito devoto e innamorato, rimane sconvolto e impreparato dalla morte che raggiunge la donna, proprio mentre sta dando la vita al piccolo Vasco. Incapace di fronteggiare il dolore, si mette in testa di dover risarcire i figli, dandogli tutte quelle cose che, se non altro, si possono comperare. Si infila così in un affare più grosso di lui, dalle ripercussioni economiche e morali.
Daniele Luchetti non è tra i registi più prolifici del nostro panorama, ma quando parla lo fa con qualcosa da dire, con una formula di regia da sperimentare, con una curiosità sincera da soddisfare prima ancora per se stesso che per il pubblico.
Con La nostra vita, titolo troppo grande o troppo piccolo, a seconda della prospettiva, va a guardare il mondo delle nuove borgate romane (ma non solo): quei conglomerati di recente costruzione, esclusi dai servizi culturali della città ma abitati dalle giovani famiglie, dai bambini, luoghi tutt'altro che tristi o ignoranti. Sugli abitanti di questo mondo, molto più “persone” che “personaggi”, e sugli immigrati con cui dividono l'ambiente di vita e di lavoro, lo sguardo di Luchetti è fermo, non solo apregiudiziale ma empatico, onesto, forse ottimista. Nulla, dei macrodifetti del cinema italiano borghese, pare riguardarlo. Eppure la squadra al lavoro è quello, alla sceneggiatura ci sono sempre Rulli e Petraglia (sempre bravi, certo, ma sempre loro), alle musiche Piersanti, alle scenografie Basili. Professionisti evidentemente in grado di lavorare vario e meglio, se messi nelle condizioni.
Il film di Luchetti può conquistare o meno, per esempio la performance di Elio Germano, così improntata al massimo del realismo psicologico, è sempre ad un passo dal finire sopra le righe e dal rivelare la recitazione anziché cancellarla, e il film soffre un poco del fatto di essere un film su un personaggio (in continuità ideale con quello di Mio fratello è figlio unico) più che su una storia, ma non c'è dubbio che segni un punto e a capo. Forse non è ancora un nuovo inizio, ma è certamente un film di transizione, che di una nuova modalità mette le basi e rispetto al quale non sarà più facile fare come se niente fosse i film di prima. (Mymovies)
Paolo Virzì - La Prima Cosa Bella
Il Voto Di Pierolupo: 4/5
Un film di Paolo Virzì. Con Valerio Mastandrea, Micaela Ramazzotti, Stefania Sandrelli, Claudia Pandolfi, Marco Messeri, Aurora Frasca, Giacomo Bibbiani, Giulia Burgalassi, Francesco Rapalino, Isabella Cecchi, Sergio Albelli, Fabrizia Sacchi, Dario Ballantini, Paolo Ruffini, Emanuele Barresi, Fabrizio Brandi, Michele Crestacci, Bobo Rondelli, Paolo Giommarelli, Giorgio Algranti, Riccardo Bianchi, Giacomo BibianiCommedia, durata 116 min. - Italia 2010. - Medusa
Bruno Michelucci è infelice. Insegnante di lettere a Milano, si addormenta al parco, fa uso di droghe e prova senza riuscirci a lasciare una fidanzata troppo entusiasta. Lontano da Livorno, città natale, sopravvive ai ricordi di un'infanzia romanzesca e alla bellezza ingombrante di una madre estroversa, malata terminale, ricoverata alle cure palliative. Valeria, sorella spigliata di Bruno, è decisa a riconciliare il fratello col passato e col genitore. Precipitatasi a Milano alla vigilia della dipartita della madre, convince Bruno a seguirla a Livorno e in un lungo viaggio a ritroso nel tempo. Le stazioni della sua “passione” rievocano la vita e le imprese di Anna, madre esuberante e bellissima, moglie di un padre possessivo e scostante, croce e delizia degli uomini a cui si accompagna senza concedersi e a dispetto delle comari e della provincia. Domestica, segretaria, ragioniera, figurante senza mai successo, Anna passa attraverso i marosi della vita col sorriso e l'intenzione di essere soltanto la migliore delle mamme. A un giro di valzer dalla morte, sposerà “chi la conosceva bene” e accorderà Bruno alla vita.
È cosa nota ma è bene ribadirlo. Se si cerca un erede convincente della grande tradizione della commedia all'italiana, quello è indubbiamente Paolo Virzì. Lo è per attitudine, scrittura, sguardo. Per la modalità di immergersi nell'anima vera e nera del nostro paese, producendo affreschi esemplari e spaccati sociologici precisi. Archiviata la Roma dei call center e della solidarietà zero (Tutta la vita davanti), il regista livornese torna in provincia con una commedia drammatica e col professore depresso di Valerio Mastandrea, che spera un giorno di “ingollare” quella madre che non va né giù né su ma che ugualmente suscita un'irresistibile attrazione.
Indietro nel tempo e al centro del film c'è allora una mamma, l'affettuosa e “disponibile” Anna di Micaela Ramazzotti, idealmente prossima alla Adriana di Antonio Pietrangeli (Io la conoscevo bene), sedotta dalle persone e dagli avvenimenti ma trattenuta e contenuta dall'amore filiale. Se Adriana fosse sopravvissuta alle malignità di un cinegiornale e a un volo dalla finestra della sua camera, avrebbe adesso due figli e un cancro nella Livorno e nel cinema di Virzì. Perché Anna, mamma negli anni Settanta, è come Adriana vittima del torpore psicologico della provincia e della diffusa incomprensione maschile, da cui non sono immuni il figlio e il marito. A interpretarla nel tempo presente e nel letto di un hospice, centro di accoglienza e ricovero per malati terminali, è appunto Stefania Sandrelli, che trova per il suo personaggio (tra)passato un destino più dolce.
La prima cosa bella nel film di Virzì è proprio il personaggio di Anna che, libera e priva di pregiudizi, vive in uno stato di perenne disponibilità nei confronti della vita, offrendo agli uomini quello che può e ai figli quello che sente. Dotata di un'autenticità insolita e una femminilità impropria in un mondo di persone “normali”, Anna è insieme amata e invisa al figlio, che ripudia il candore scandaloso della madre e trova rifugio senza pace nella fuga. Rientrato suo malgrado nella vita di provincia come un adolescente dopo l'ennesima evasione, Bruno indaga un'unità difficile da trovare dentro i silenzi e il dolore compresso. La famiglia rappresenta allora il cuore della commedia, condita con robuste iniezioni di popolarità e ghiotte cadenze toscane, dentro il quale ci tuffa e si tuffa il figlio dolente di Mastandrea, incontrando i fantasmi del passato e contrattando il proprio posto nel mondo.
La prima cosa bella si appoggia su un coro di attori efficaci nel sapere stare dentro e fuori i personaggi, finendo per dare forma a una felice e insieme scriteriata idea di famiglia. Dalla meravigliosa inadeguatezza di Mastandrea deriva poi l'equilibrio tra ironia e malinconia che è la cifra di una commedia colma di sentimenti e spoglia di sentimentalismi. (Mymovies)
Silvio Soldini - Cosa Voglio Di Più
Il Voto Di Pierolupo: 4/5
Un film di Silvio Soldini. Con Alba Rohrwacher, Pierfrancesco Favino, Giuseppe Battiston, Teresa Saponangelo, Monica Nappo, Tatiana Lepore, Sergio Solli, Gisella Burinato, Gigio Alberti, Fabio Troiano, Francesca Capelli, Danilo Finoli, Martina De Santis, Leonardo Nigro, Adriana De GuilmiCommedia, durata 126 min. - Italia, Svizzera 2010. - Warner Bros Italia
Anna ha una vita come tante altre. Ha un buon lavoro in cui è apprezzata e ha un compagno da qualche anno, Alessio, che l’ama e con cui conduce un menage tranquillo al punto di poter accarezzare l’idea di smettere di prendere la pillola e avere un figlio. Un giorno però a una festa incontra un cameriere, Domenico. Lo rivede perché è venuto a recuperare un coltello dimenticato e da quel momento per entrambi il desiderio non è più contenibile. Domenico è sposato e ha due figli piccoli. Non c’è un posto in cui i due possano incontrarsi liberamente e allora la scelta obbligata diventa il motel. Per due ore, la sera del mercoledì quando lui dovrebbe essere in piscina per un corso da subacqueo. Fare equilibrio tra passione e vita di tutti i giorni non è però un’impresa facile.
Silvio Soldini torna ad affrontare il tema delle relazioni uomo-donna con coerenza anche se apparentemente ribaltando la prospettiva rispetto al precedente Giorni e nuvole. In quel caso il contesto economico–sociale era evidenziato sin dall’inizio con la perdita del lavoro mentre qui emerge pian piano. L’amore al calor bianco che travolge Anna e Domenico (e con loro, anche se in maniere diverse, anche i reciproci contesti familiari) non interessa al regista e agli sceneggiatori di per sé (sarebbe una storia già ultra nota) ma contestualizzato in un mondo in cui le certezze di un tempo sono state messe profondamente in crisi.
Anna e Domenico non possono astrarsene nel loro rifugio con specchi del motel. I corpi che si sono donati reciproco piacere credendo di poter chiudere il mondo fuori in realtà lo hanno portato con sé (e lo faranno anche se lontani fisicamente da quella Milano in cui Soldini torna a girare dopo lunga assenza). La macchina da presa li segue e li comprende così come comprende Alessio nella sua tenace difesa del rapporto con Anna barricato dietro un quieto e determinato non voler sapere. Comprende anche Miriam, la moglie di Domenico, incapace invece di chiudere gli occhi dinanzi all’evidenza e in costante, quotidiana lotta contro la precarietà economica.
E’ uno sguardo in ricerca quello di Soldini e il suo cinema si rivela, come un sismografo dei sentimenti, capace di registrare le scosse dirompenti così come i più piccoli sussulti, magari provocati da un rumore fuori campo. Perché fare del bene a se stessi, come Anna e Domenico vorrebbero, senza fare del male agli altri (ciò che si desidererebbe restasse fuori campo) è una delle imprese più difficili da compiere. (Mymovies)
lunedì 17 maggio 2010
Ulver - Shadows Of The Sun
Il Voto Di Pierolupo: 4/5
http://www.myspace.com/ulver1
Music Research Engine
Croce e delizia di chiunque voglia scrivere di musica in termini di generi e classificazioni, i sempre più indefinibili Ulver tornano tra noi con l'ennesima metamorfosi di quella che iniziò nel '94 come avventura ben radicata nella scena black-metal norvegese e ha poi esplorato senza sosta territori lontanissimi dalle premesse. Mai un loro disco è stato neanche lontanamente simile al precedente. Al loro attivo possiamo trovare opere di folk arcaico, puro e contemplativo (il magnifico "Kveldssanger", del 1995) così come esperimenti di elettronica glitch (la presenza di Fennesz nel presente album non è casuale) e trip-hop (l'esaltante "Perdition City", 2000) fino al prog destrutturato dell'ultimo "Blood Inside" (2005).
E dunque cosa mette in scena stavolta il terzetto capitanato da Kris "Garm" Rygg? In primo luogo un ininterrotto, e saggiamente breve, flusso di musica ipnotica, strisciante, atmosferica sino a rasentare l'impalpabile. L'esatto contrario dello schizofrenico caos che animava il precedente lavoro, insomma. L'album è quasi totalmente privo di interventi ritmici, la scena è tutta per la voce meravigliosa di Rygg e per paesaggi strumentali tanto raffinati quanto eterei. Echi di Coil (i quali furono una decisiva rivelazione lungo il percorso della band), Sylvian, Radiohead - quelli dei momenti più introspettivi di "Kid A/Amnesiac" - si rincorrono lungo le strutture oniriche dei nove movimenti (parlare di canzoni sembra fuorviante) che compongono questa oscura ed estasiante eclissi sonora.
I primi tre brani in particolare formano un unico momento di crescente, rapita meraviglia. "Eos", rarefatto, mirabile capolavoro fluttuante tra tremolii di archi e organo e voci che migrano senza peso nella stasi spettrale di "All The Love", interrotta dal primo dei pochi interventi di batteria del disco, e spedita poi verso un crescendo stellare, affollato con leggiadria da piano, tromba, xilofono e subito fagocitato dall'acquerello cameristico di "Like Music".
I trattamenti elettronici dell'ospite d'onore Fennesz guidano invece la straordinaria "Vigil", che pure è il momento più sognante e melodico dell'opera. Qui le idee si fanno forse più chiare. Ci troviamo dentro il disco per così dire "pop" degli Ulver, la loro opera più accessibile, umile e raccolta. In definitiva, la loro opera più sincera e ispirata da molti anni a questa parte. Siamo dentro le loro personali, sigurrosiane parentesi, al cospetto di una band matura e forte della propria assoluta libertà creativa e compositiva.
La grandezza di una band che sfugge a qualunque definizione di genere si compie di nuovo nel cuore dei chiaroscuri che danno all'album la sua fragile eppure perfetta forma. Non c'è un modo per definire l'incredibile cover di "Solitude", classico dei Black Sabbath reso dagli Ulver in una versione notturna e jazzata che toglie il respiro. Né si possono rinchiudere in una definizione di genere spettacoli di astrale bellezza come la title track, introdotta da un funereo drone di harmonium e poi lasciata libera di raggiungere vette altissime e inondate di luce, luce da cui prende forma il tumulto epico e incantato di "Let The Children Go". L'estasi di fronte all'Apocalisse.
Ancora, dopo la sempre più sussurrata e impalpabile "Funebre", marchiata dai vagiti del theremin (suonato dall'artista di casa Tzadik Pamelia Kurstin), ecco che "What Happened" chiude il cerchio riallacciandosi al tema d'archi di "Eos". E spegnendosi in un lento, inconsolabile risveglio, nel nero e nel silenzio. Alla fine di questo breve, alieno, autunnale sogno messo in musica, c'è posto solo per il silenzio. (Ondarock)
Tracklist
1. Eos
2. All the Love
3. Like Music
4. Vigil
5. Shadows of the Sun
6. Let the Children Go
7. Solitude
8. Funebre
9. What Happened?
martedì 11 maggio 2010
Admiral Fallow - Boots Met My Face
Il Voto Di Pierolupo: 4/5
http://www.myspace.com/admiralfallow
Music Research Engine
Tracklist
1. Dead Against Smoking
2. Squealing Pigs
3. Subbuteo
4. Delivered
5. These Barren Years
6. Old Balloons
7. Bomb Through The Town
8. Four Bulbs
9. Taste The Coast
10. Dead Leg
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