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Ricerca personalizzata

martedì 31 gennaio 2012

Sieben - The Line And The Hook

The Line and the Hook is the second full-length release from Sieben, a duo consisting of Matt and Jane Howden. Matt Howden is perhaps the most prolific artist currently residing on the World Serpent roster. Aside from Sieben, Matt Howden is a solo artist; violinist and producer for Sol Invictus; studio svengali of his own Redroom studio. The Line and The Hook forsakes much of the ethereal sound of Sieben's acclaimed debut, Forbid The Sun's Escape, recorded as a trio with Sally Doherty (of the Sumacs, and Sol Invictus) for a darker more aggressive sound based around solid bass throb and passionate drumming. Yet it's Howden's layering of additional instruments that makes The Line and the Hook so compelling; the soaring and surging violin, sweeping strings and upfront vocalisations paired with Jane's softer voice. Howden excels as a composer and The Line and The Hook slips effortlessly from intensity to something more atmospheric and restrained. The overall tone is sombre and melancholic reflecting the album's war based theme. 'Christmas 1914' is particularly poignant with lyrics culled from an anthology of poetry from his father, or 'Völkerschlachtdenkmal' which draws its inspiration from the battle monument in Leipzig, while 'Northern Lights' reflects the impermanence of life. The Line and The Hook, like the reappraisal of 'Second Witchwords' from Forbid The Sun's Escape, is a hugely moving and passionate piece of work that really does deserve your attention. Compulsion online interviewed Matt Howden when his first solo album Intimate and Obstinate was released. For more information contact www.matthowden.com.

Tracklist
• Völkerschlachtdenkmal
• No less than all
• Christmas 1914
• Promises of an earth sufficient
• Light shines
• A name
• Back to the fire
• Northern lights
• Footsoldier
• Second witchwords
• My ideology
• Old gods
• Denkmal

http://www.myspace.com/matthowden7

venerdì 27 gennaio 2012

Jean-Pierre Dardenne, Luc Dardenne – Il Ragazzo Con La Bicicletta

Locandina Il ragazzo con la bicicletta

Un film di Jean-Pierre Dardenne, Luc Dardenne. Con Jérémie Renier, Cécile De France, Olivier Gourmet, Thomas Doret, Fabrizio Rongione, Egon Di Mateo. Titolo originale Le Gamin Au Vélo. Drammatico, Ratings: Kids+13, durata 87 min. - Belgio, Francia, Italia 2011.

Cyril ha dodici anni, una bicicletta e un padre insensibile che non lo vuole più. ‘Parcheggiato' in un centro di accoglienza per l'infanzia e affidato alle cure dei suoi assistenti, Cyril non ci sta e ostinato ingaggia una battaglia personale contro il mondo e contro quel genitore immaturo che ha provato ‘a darlo via' insieme alla sua bicicletta. Durante l'ennesima fuga incontra e ‘sceglie' per sé Samantha, una parrucchiera dolce e sensibile che accetta di occuparsi di lui nel fine settimana. La convivenza non sarà facile, Cyril fa a botte con i coetanei, si fa reclutare da un bullo del quartiere, finisce nei guai con la legge e ferisce nel cuore e al braccio Samantha. Ma in sella alla bicicletta e a colpi di pedali Cyril (ri)troverà la strada di casa.
Dalla prima inquadratura il piccolo protagonista de Il ragazzo con la bicicletta infila quella precisa traiettoria che seguivano prima di lui l'adolescente di La promesse, la Rosetta del film omonimo, il padre falegname de Il figlio e ancora il giovane disorientato de L'Enfant. Dentro a una corsa possibile verso una soluzione che arriverà, i Dardenne rinnovano l'interesse per l'infanzia incompresa, che tiene testa e non si assoggetta al mondo degli adulti, fronteggiandolo con improvvise fughe e un linguaggio impudente. Di nuovo è la fragile pesantezza dell'essere, che condizionava (già) le azioni dei protagonisti precedenti, il centro del film. Dopo il tentativo di rinnovamento formale e prospettico del loro cinema (Il matrimonio di Lorna), i fratelli belgi ritrovano la cinetica e un personaggio che avanza negli spazi attraversati e nel proprio destino. Come nel Matrimonio di Lorna sarà l'irruzione di un improvviso atto d'amore a travolgere, fino ad annullare, l'indifferenza di un padre colpevole di abbandono e dello sbandamento emotivo del figlio.
Thomas Doret incarna con lirismo lo spirito gaio e selvaggio dei mistons di Truffaut, di cui riproduce i comportamenti anarchici e antiautoritari negli esterni e in mancanza di interni domestici e familiari adeguati. Cyril, figlio ripudiato con gli anni in tasca, resiste a muso duro al vuoto affettivo che lo circonda, pedalando dentro e attraverso la paura, intestardendosi nel silenzio o facendo il diavolo a quattro. Il reale per il fanciullo è sempre in agguato ma ad esso si oppone ‘aggrappandosi' e stringendosi forte a una figura femminile bella e raggiungibile come una mamma. Cécile de France, sopravvissuta allo tsunami di Clint Eastwood, è il volto e il corpo che Cyril vuole per sé, la figura materna che pretende e a cui si concede. La loro relazione procede per tentativi ed errori, come ogni processo di apprendimento, producendo una passeggiata a due ruote di grande forza espressiva e creativa. Una promenade che risana lo scarto dell'essere stati generati senza essere stati appropriatamente allevati, ma prima ancora desiderati. Samantha e il suo negozio di coiffeur diventano allora l'ancora di salvezza e il riscatto sociale per quel ‘ragazzo selvaggio', sempre fiero, sempre contro. Se come sosteneva Luigi Comencini mettersi al livello dell'infanzia è l'unico modo per liberarla, i Dardenne accreditano e ribadiscono la sua affermazione, accompagnando la corsa di Cyril verso una raggiunta consapevolezza e un nuovo elemento: l'amore.

Il voto di Pierolupo: 3/5
Aspettavo di vedere il film dei fratelli belgi, l'ho visto e ho sentito ben poche emozioni. Una storia ordinaria di un bambino disadattato con ragione, per carità… La donna è la fata turchina di pinocchio, sceglie un ragazzino sconosciuto piuttosto che l’uomo che ama, per me è poco credibile.

giovedì 26 gennaio 2012

Nicolas Winding Refn - Drive

Locandina Drive

Un film di Nicolas Winding Refn. Con Ryan Gosling, Carey Mulligan, Bryan Cranston, Albert Brooks, Ron Perlman,  Christina Hendricks, James Biberi, Kaden Leos, Steve Knoll, Oscar Isaac, Jeff Wolfe, Tiara Parker, Chris Muto, Tina Huang, Joe Pingue, Christian Cage. Titolo originale Drive. Azione, Ratings: Kids+16, durata 95 min. - USA 2011.

Drive (non ha un nome) ha più di un lavoro. È un esperto meccanico in una piccola officina. Fa lo stuntmen per riprese automobilistiche e accompagna rapinatori sul luogo del delitto garantendo loro una fuga a tempo di record. Ora Driver avrebbe anche una nuova opportunità : correre in circuiti professionistici. Ma le cose vanno diversamente. Driver conosce e si innamora di Irene, una vicina di casa, e diventa amico di suo figlio Benicio. Irene però è sposata e quando il marito, Standard, esce dal carcere la situazione precipita. Perché Standard ha dei debiti con dei criminali i quali minacciano la sua famiglia. Driver decide allora di fargli da autista per il colpo che dovrebbe sistemare la situazione. Le cose però non vanno come previsto.
Basato sul romanzo omonimo di James Sallis Drive, presentato in concorso al Festival di Cannes dà l'impressione della banalità messa in bella copia. Chiunque legga la sinossi di cui sopra si rende conto di come, contesto automobilistico a parte, si tratti di una storia visitata e rivisitata dal cinema innumerevoli volte. Nicolas Winding Refn sembra pensare che la trasformazione del mite (per quanto a disposizione per ‘colpi' non suoi) Driver in un violento raddrizzatorti (ovviamente per inatteso amore, anche paterno) possa essere sufficiente. Ma è necessario essere David Cronenberg per saper dosare con la giusta consapevolezza i toni di un progressivo scatenarsi di pulsioni tenute a freno. Winding Refn non si rivela all'altezza del compito che si è prefisso convinto com'è che basti far scorrere un po' di sangue in più per ottenere il risultato. Non basta.

Il voto di Pierolupo: 4/5
Il film mi è piaciuto molto, e ha una interessantissima colonna sonora, è un film di emozioni, silenzi e sguardi. Un attore protagonista con una notevole faccia di gomma, molto silenzioso ma di effetto. Forse un pò di violenza superflua, se devo trovare un difetto.

martedì 24 gennaio 2012

Sepiamusic - Trenches

Trenches

Copenhagen-based Sepiamusic began in late 1999, when singer Erin Chapman and producer Michael Adler Miltersen joined forces out of a handshake agreement to “give it a go and see what happens”. Born and raised in Denmark.Michael has been integrating music into his life since childhood and in his early teens, he began to write songs and experiment with electronic music. Orginially from USA, Erin had a passion for both music and art growing up, focusing primarily in creative fields. Upon meeting Michael in Denmark in1998, Erin placed music in the forefront and the combo released their first demo in 2000.

Tracklist
1. Stone
2. Skin
3. R.I.D.
4. Crazy Burn
5. Sweet Pollution
6. Make This Easier
7. New Horizons
8. The Searchers
9. Prototype
10. Stars
11. In Your Eyes
12. Trenches

http://www.myspace.com/sepiamusic

lunedì 23 gennaio 2012

Oliver Parker – Johnny English La Rinascita

Locandina Johnny English – La Rinascita

Un film di Oliver Parker. Con Rowan Atkinson, Richard Schiff, Tim McInnerny, Burn Gorman, Ben Miller, Mark Ivanir, Togo Igawa, Christina Chong, Ian Shaw, Josephine de la Baume, Daniel Kaluuya, Mandi Sidhu, Chris Mansfield, Seelan Gunaseelan, Pierce Brosnan, Rosamund Pike, Dominic West, Gillian Anderson. Titolo originale Johnny English Reborn. Commedia, Ratings: Kids, durata 101 min. - Gran Bretagna 2011.

Autoesiliatosi in un monastero shaolin in seguito al fallimento di un'importante missione di sicurezza internazionale Johnny English è richiamato d'urgenza dall'MI5 perchè, malgrado la nomea che si è fatto e l'antipatia dei suoi colleghi, è l'unico in grado di sventare l'attentato previsto contro il primo ministro cinese.
Il primo film di Johnny English arrivava a cercare un rilancio da protagonista per la carriera di Atkinson, prima impantanato nel gigantesco successo del suo mr. Bean e successivamente impiegato da Hollywood in ruoli da comprimario e caratterista.
A quasi 8 anni di distanza (e con un lungometraggio dedicato a mr. Bean in mezzo) arriva un altro film sulla spia inglese, più centrato sulla trama, meno dedicato alle gag (sebbene comico) e disperatamente in cerca di una “modernità”.
Johnny English - La rinascita vuole infatti inserirsi in un filone di parodie che non sono tali, che si differenziano dagli spoof classici (quelli di Mel Brooks) perchè rinnegano la componente più demenziale e metacinematografica per concentrarsi sul film e realizzare un ibrido, fatto di fedeltà al genere e comicità. Parodie per un'era in cui tutto si mescola.
La sola volontà non basta però, Johnny English - La rinascita tentando di essere entrambe le cose (un film serio di spionaggio e una commedia) non riesce ad essere nessuna delle due. Con una trama prevedibile in ogni svolta, raccontata senza nessun guizzo e un umorismo spesso azzeccato ma di certo classico in ogni componente, qualsiasi velleità di modernità si infrange contro una messa in scena che non risparmia in prevedibilità.
I modelli di Atkinson rimangono sempre i migliori (l'inadeguatezza unita all'arroganza del Clouseau di Sellers) e la sua abilità nella comicità slapstick senza parole è immutata, a cambiare sono le ambizioni intorno a lui, la portata dell'opera che vuole realizzare e l'idea di essere, oltre che comico, anche cineasta (è lui il primo a ricordare come segua qualsiasi passo dei suoi film pur non essendone regista, dalla scrittura fino alla sala di montaggio). Come i grandi comici del passato Atkinson ha una maschera unica che interpreta con maestria, forse per questo si adatta male ad un tempo in cui si chiede a tutti di saper fare tutto per essere dei grandi.

Il voto di Pierolupo: 2/5
Dove è finito il divertente Mr. Bean del film L’ultima Catastrofe alle prese con "La madre" di Whistler? Questo film purtroppo è una cagata pazzesca, non c'è niente che faccia ridere, ottimo contro l’insonnia, infatti ho dormito alla grande. Spero che la serie finisca qui.

Andrea Camilleri - Il diavolo certamente (2012)

Il diavolo, certamente

Due filosofi in lotta per il Nobel, un partigiano tradito da un topolino, un ladro gentiluomo, un magistrato tratto in inganno dal giallo che sta leggendo, un monsignore alle prese col più impietoso dei lapsus, un bimbo che rischia di essere ucciso e un altro capace di sconvolgere un'intera comunità con le sue idee eretiche... E ancora: una ragazza che russa rumorosamente, un'altra alle prese con il tacco spezzato della sua scarpa, una segretaria troppo zelante, una moglie ricchissima e tante, tante donne che amano. 33 racconti di 3 pagine ciascuno: 333 e non 666, perché questo, come tutti sanno, è il numero della Bestia, e non si discute sul fatto che mezzo diavolo sia meglio di uno intero. In ogni racconto, il diavolo suggella la storia con il suo inequivocabile zampino: nel bene o nel male, a noi lettori l'ardua sentenza. Perché questi racconti sono percorsi da una meditazione accanita e sottile sul senso delle umane sorti, del nostro affannarci per mentire o per apparire, della nostra idea di felicità; i due apologhi filosofici che aprono e chiudono la raccolta non sono che il disvelamento di una trama che sottende tutta la narrazione. Un dettaglio luciferino può cambiare segno a una vita intera, ma proprio per questo quella vita - sembra dirci sorridendo Camilleri - vale sempre la pena di viverla senza risparmio.

Andrea Fazioli - La sparizione (2010)

La sparizione

Natalia ha diciassette anni, studia al liceo, è una ragazza graziosa, con una vita normale. Ma il dolore bussa alla sua porta: il padre, un medico di Lugano, muore d'infarto e lei, per affrontare il lutto, si rifugia con la madre nella loro casa di Corvesco, tra le montagne del Canton Ticino. E lì un delitto sconvolge il suo già difficile equilibrio. Natalia, di colpo, smette di parlare. I suoi ricordi sono confusi, forse ha visto qualcosa, ma non riesce a esprimersi: lo shock le ha chiuso la bocca. Suo padre ha lasciato in giro delle carte che nascondono un mistero inquietante, e nel paese cresce la tensione. Natalia ha paura, non sa più di chi fidarsi, fugge. Ma poi fa uno strano incontro. Il caso vuole che a Corvesco abiti anche Elia Contini, il protagonista dei precedenti romanzi di Andrea Fazioli. Il fatto che abbia smesso di fare il poliziotto privato e si arrabatti in un giornale di provincia non toglie nulla alla sua curiosità e alla sua vocazione a tuffarsi nei guai. Così, suo malgrado, Contini si trova alle prese con un nuovo enigma: cosa faceva Natalia nel bosco, da chi si sentiva minacciata? Attorno all'ex detective e alla ragazza che tace si muovono personaggi soltanto in apparenza irreprensibili: poliziotti, medici, avvocati. E nella geografia circoscritta del Canton Ticino che si succedono i colpi di scena di una storia il cui sottile filo d'ironia non cancella i risvolti drammatici. E dove il silenzio della paura diventa la paura del silenzio.

Sieben - Sex And Wildfowers

Sex & Wildflowers

Tornano le vibrazioni nordiche più pure e innovative di tutto il patrimonio folk-wave odierno. Il fuoco compositivo di Matt Howden questa volta và ad insediarsi tra gli spigoli sensuali dei "Fiori Selvatici", dove le pulsioni si accentuano e le emozioni penetrano indelebilmente. 13 nuove canzoni riflettenti melodie sempre più sinuose ed energie narrative incontaminate, ciclici rapimenti tra la lussuria della natura, la magia dell'arte e gli oscuri scherzi del cuore. Seguiamo la brezza dei contenuti... In apertura troviamo "Spring Snowdrop", placida e solenne come le piramidi etniche di Brendan Perry, ricoperta da sottili e smeraldi risvegli. Evocativa è "Forget Me Not", con le classiche arie Howden-iane e percussioni semi-ritualistic. Ascendenti archi nel vento dorato di "Love's Trumpet". Sensualità silvane nella malinconica "Virgin in the Green". Turbolenti scintille tra gli occhi purpurei di "John in the Pulpit", tra queste fervide visioni ricordiamo "Henry's Dream" di Nick Cave. Solitudini floreali appassiscono nelle immagini di "Knudlustysummer". Le possenti ballate "Deadly Nightshade" e "Bleeding Heart" si sdoppiano in riflessioni di abbandono ed esortazione. Severità consapevoli tra l'esistenza sicura di "Winter Snowdrop". Transiti suadenti attraversano i desideri di "Love's Promise". Fluisce ansiosa e sommessa "Love's Other Trumpet". Sospiri avvelenati nella decadente e poetica "Loki's Lust and Punishment". Distorsioni impetuose nei dilemmi atavici di "Deathlust". Forse l'album più solido e completo del progetto Sieben, maturità artistica ormai travolgente ed affidabile, brillanti doti creative forgiate per descrivere l'atmosfera rituale della tradizione e l'avanguardia spirituale degli elementi. ...E la vernice delle stagioni tornò per idolatrare ancora una volta il 'legno sonoro' di Sieben. (Unmute)

Tracklist
• Spring snowdrop
• Forget me not
• Love's trumpet
• Virgin in the green
• John in the pulpit
• Knudlustysummer
• Deadly nightshade
• Bleeding heart
• Winter snowdrop
• Love’s promise
• Love’s other trumpet
• Loki’s lust and punishment
• Deathlust

giovedì 19 gennaio 2012

The Strange Death Of Liberal England – Forward March!

Con un nome così (che ruba l’ambito scettro dell’eccentricità ai gallesi Victorian English Gentlemen Club, decretandone in qualche modo la “strana” morte) questo esordiente quintetto londinese ha senz’altro buone possibilità di conquistare il cuore palpitante di qualche laureando in ermeneutica filosofica con un debole per i funambolismi verbali. A un nome del genere non può certo corrispondere un gruppo indie “normale”, uno di quelli che sembra vivere in un weekend perenne, alle prese con i soliti problemi di cuore e attanagliato dall’insolubile dubbio circa la quantità di birra che può essere contenuta da uno stomaco malconcio in condizioni normali.
Chiaramente gli Strange Death Of Liberal England hanno un piglio più marcatamente arty rispetto a tanti loro coetanei e sembrano guardare con una certa insistenza attraverso i loro binocoli deformanti al di là della Manica e del proprio ombelico, in direzione degli Stati Uniti, ma soprattutto del Canada (nel caso specifico quello di Arcade Fire, Wolf Parade e Broken Social Scene), vera e propria San Salvador del rock indipendente verso la quale un numero sempre maggiore di gruppi indirizza la propria rotta in cerca di materie ancora vergini da poter sfruttare. Non per niente si attende a breve l’esordio sulla lunga distanza della band in qualche modo gemella (per attitudine stilistica) di questi SDOLE, ovvero i Los Campesinos!, quasi a decretare la nascita di una nuova tendenza o grande migrazione “canadese” dei gruppi britannici.
Già il sottotitolo fornito dal gruppo inquadra alla perfezione l’essenza della sua musica: “Eight Traditional Marching Songs” si legge e di questo in fondo per la precisione si tratta, ovvero dell’improbabile canzoniere di una squinternata e farneticante banda di paese prestata ai meccanismi più o meno consueti della produzione indie più recente. L’apertura delle danze è affidata a “Modern Folk Song”, che parte bucolica e sognante con pacatissime trame di chitarra acustica (molto folk per l’appunto) e si lascia poi azzannare all’improvviso alla giugulare da una chitarra distorta e urlatrice che ricorda molto da vicino, nel suo ingresso inferocito e fiottante, i (da poco tornati in pista) British Sea Power, ai quali i nostri, già a partire dal nome, qualcosa con tutta evidenza devono, compresa la tendenza ad assecondare i guizzi più spericolati della propria fervida immaginazione.
Ma è ascoltando le successive “I Saw Evil”, “Day Another Day” e “Mozart on 33”  che diventa davvero difficile, se non impossibile, non pensare agli Arcade Fire, con tutto quel rigoglioso fiorire di debordanti crescendo strumentali e una generale e progressiva “verticalizzazione” del suono lungo un’iperbole sempre più tesa e inarcata (come in un inno religioso), ulteriormente accentuata dallo scampanare festoso di cori all’unisono intrisi di epica, che tanto avevano colpito all’epoca dell’uscita di “Funeral” e che sono oggi diventati patrimonio comune di numerosissime band, a riprova dell’inconfutabile classicità, nel bene e nel male, di quel disco irripetibile.
Volendo, qua e là si trova anche qualche accenno di Modest Mouse, anzi i più maligni potrebbero anche definire questo Ep una collezione di scoppiettanti “Float On” a qualche centimetro dalla deflagrazione, che finiscono troppo spesso con l’imbrattarsi i pantaloni nella propria incontenibile grandeur (a parte forse “Old Fashioned World”).
Resta il fatto che per ora alla lenza variopinta (la finale “Summer Gave Us…” è addirittura un pezzo post-rock nella migliore tradizione di Mogwai e compagni) di questo giovane gruppo abbiano abboccato soltanto canzoni di taglia medio piccola, talvolta vivaci e a tratti guizzanti, ciò non esclude che potremmo comunque avere presto tra le mani, mediaticamente parlando, i Clap Your Hands Say Yeah del 2008. (Ondarock)

Tracklist
1.Modern Folk Song
2.Oh Solitude
3.Day Another Day
4.Old Fashioned War
5.Mozart On 33
6.I Saw Evil
7.God Damn Broke And Broken Hearted
8.Summer Gave Us Sweets But Autumn Wrought Division

http://www.myspace.com/tsdole

Dany Boon – Niente Da Dichiarare?

Locandina Niente da dichiarare?

Un film di Dany Boon. Con Benoît Poelvoorde, Dany Boon, Julie Bernard, Karin Viard, François Damiens, Bouli Lanners, Olivier Gourmet, Michel Vuillermoz, Christel Pedrinelli, Joachim Ledeganck, Philippe Magnan, Jean-Paul Dermont, Nadège Beausson-Diagne, Eric Godon, Zinedine Soualem, Guy Lecluyse, Laurent Gamelon, Bruno Lochet, Laurent Capelluto. Titolo originale Rien à déclarer. Commedia, durata 108 min. - Francia 2010.

Nella primavera del 1986, Ruben Vandevoorde, un doganiere belga severo e sciovinista animato da un fervido odio anti-francese, vive con disperazione l'annuncio della chiusura delle frontiere europee. Sette anni dopo, alla vigilia della definitiva cancellazione delle dogane sul confine fra Francia e Belgio, Ruben trascorre le ultime ore di vita della frontiera dando sfogo a tutto il suo spirito nazionalista e tormentando i frontalieri francesi. Dall'altra parte del confine, tutti i vigilanti francesi odiano e temono a loro volta il razzista Vandevoorde e la sua pericolosa indisponenza. In modo particolare, lo teme il mite poliziotto Mathias Ducatel, innamorato di sua sorella e determinato a sposarla. Nel momento in cui viene deciso di creare una pattuglia di dogana mobile franco-belga per debellare un ingente traffico di droga, Mathias decide di far squadra con Vandevoorde per conquistare un posto nel cuore dell'arcigno francofobo e ottenere il suo beneplacito a entrare a far parte della famiglia.
Per chi ha trovato uno straordinario successo “scendendo” a Nord e giocando con calembour e idioletti, è normale continuare a muoversi lungo i sicuri confini degli stereotipi culturali. Quegli stessi stereotipi tanto facili da prendere in giro quanto da ricreare, linguaggio universale che ha il vantaggio di guardare al folklore ma saper colpire le umane debolezze. Dany Boon è un maestro di questo tipo di comicità “di confine”, cercando ogni volta quelle barriere più spesse e dure con le quali divertirsi a giocare come un mimo di strada con un muro invisibile. Come il precedente Giù al nord, anche Niente da dichiarare parte da un contesto minuscolo e provinciale come quello della sottile linea che separa il Nord-Pas de Calais dalla Vallonia ma guardato da una prospettiva talmente larga e popolare da potersi declinare in tanti diversi contesti (un remake italo-svizzero ambientato a Lugano? Un conflitto fra americani e canadesi alle Cascate del Niagara?). Certo è che la semplicità delle favole dello stralunato comico francese dalle eccezionali doti mimiche, oltre alla sua formula universale, mostra qua anche i suoi limiti più evidenti, la frontiera con cui discriminare fra la leggerezza pantomimica e graziosa di Giù al nord e la pigra sciocchezza di questo terzo film da regista.
Nel tornare indietro ai primi anni Novanta, Boon si diverte a raccontare l’abolizione delle dogane all’interno dell’Unione Europea come un periodo così vicino eppure così lontano mentalmente e tecnologicamente. Sembra un secolo fa che l'informatica e le nuova telefonia abbattevano le distanze e creavano nuovi villaggi globali allora impensabili. Da cui il messaggio evidente: ogni innovazione ed evoluzione è tanto apparentemente complessa quanto semplice e indolore, e così come in meno di vent’anni si è rivoluzionato il nostro approccio a computer e telefonini, così si possono abbattere con la stessa semplicità anche i pregiudizi più atavici. Ma, pur ricorrendo ai migliori attori e caratteristi del Belgio come Benoît Poelvoorde, Bouli Lanners e Olivier Gourmet, il suo modo di scherzare con loro è fermo all’umorismo delle vecchie barzellette denigratorie.
Certo, anche Giù al Nord era “solo” una novella candida dal messaggio retorico ed elementare, ma quell’immediatezza, quell’innocenza surreale ed eterea che lo rendeva una storiella leggera e universale, si perde qua in una commedia più adulta (anche visivamente), dove subentrano anche violenza e volgarità all’interno di una lunga barzelletta raccontata male. Ci sta un francese, un belga e un messaggio consolatorio...

Il voto di Pierolupo: 3/5
Niente di più di una favoletta leggera, qualche gag divertente, qualche sparo di troppo e in complesso una storia poco credibile, senz’altro inferiore al precedente “Giu al Nord”.

mercoledì 18 gennaio 2012

Come scaricare con Mirc 6.31 e XDCC.it

La rete IRC è un’alternativa formidabile ai software P2P, come eMule e uTorrent. Permette di trovare tantissimo materiale, anche in italiano, e di scaricare qualsiasi tipo di file (compresi i film) alla velocità della luce. Per ottenere buoni risultati, però, bisogna conoscere i server e i canali giusti.

XDCC.it è un motore di ricerca che permette di scoprire facilmente i migliori server e canali IRC italiani per scaricare film da mIRC, il programma più popolare per entrare nella rete IRC ed effettuare download da quest’ultima. Ecco in dettaglio come usarlo.

Il primo passo che devi compiere per ricercare film sulla rete IRC tramite XDCC.it è collegarti alla pagina principale del sito utilizzando Internet Explorer, digitare il titolo del file da ricercare nel campo di testo collocato in alto e cliccare sul pulsante Search. Nel giro di pochi istanti, comparirà la lista con i risultati della ricerca.

Per avviare il download di un film trovato con XDCC.it utilizzando mIRC, non devi far altro che posizionarti con il puntatore del mouse sul nome del file che intendi scaricare e cliccare sull’indirizzo IRC (es. irc://irc.nomedelserver.org) presente in fondo al riquadro azzurro che compare.

A questo punto, si aprirà automaticamente una finestra di mIRC che ti chiederà la conferma per connettersi al canale selezionato. Clicca su OK per connetterti al canale e poi torna sulla pagina con i risultati della ricerca di XDCC.it. Posiziona quindi il puntatore del mouse nuovamente sul nome del film da scaricare e copia il comando presente sopra l’indirizzo che hai copiato in precedenza (quello che inizia con /msg).

Adesso, torna nella finestra principale di mIRC (dovrebbe essersi aperto il canale del link selezionato in precedenza), fai click destro nella barra collocata in basso, seleziona la voce Paste dal menu che compare per incollare il comando che hai appena copiato da XDCC.it e premi il tasto Invio della tastiera del computer per avviare il download del film.

Non sei riuscito ad entrare in uno dei canali scoperti con XDCC.it? non preoccuparti, può succedere. Alcuni dei server e canali IRC italiani per scaricare film da mIRC sono privati e quindi non tutti possono entrarci. A proposito, se sei alla ricerca di qualche server interessante da aggiungere ai preferiti, dai un’occhiata a quelli che trovi elencati qui sotto.

  • irc.darksin.net
  • irc.tuttiliberi.net
  • irc.openjoke.org
  • irc.oltreirc.net
  • irc.Friend4ever.it
  • irc.blackdr4g0n.net
  • ares.futureshell.net
  • irc.italian-amici.net
  • irc.oceanirc.net
  • irc.uragano.org

Per connetterti a un server con mIRC, non devi far altro che selezionare la voce Options dal menu Tools. Nella finestra che si apre, seleziona la voce Servers dal menu sulla sinistra, clicca sul pulsante Add, digita l’indirizzo del server a cui vuoi collegarti nel campo IRC Server, clicca ancora su Add, fai doppio click sul nome del server e clicca su Connect/list per connetterti ad esso. Per visualizzare la lista dei canali presenti nei vari server, digita il comando /list nella barra collocata in basso e premi il tasto Invio della tastiera del computer.

martedì 17 gennaio 2012

Tatiana De Rosnay – Segreti Di Famiglia (2011)

Segreti di famiglia

Quando è avvenuto l’incidente, sua sorella era sul punto di rivelargli un segreto… Adesso è gravemente ferita e mentre aspetta, angosciato, che lei esca dalla sala operatoria, Antoine fa un bilancio amaro della sua vita: la moglie l’ha lasciato, i figli adolescenti gli sfuggono, i lavoro non lo soddisfa più, il padre è ormai anziano e tirannico… Come ha fatto ad arrivare fino a questo punto? E quale segreto stava per confidargli Mélanie? Antoine si sente schiacciare dal peso del passato, ma riceverà un aiuto inatteso nella sua ricerca della verità da Angèle, una persona molto particolare…

The Black Era – …Then

Per un attimo, quando parte Bark, l’impressione è che la lancetta dell’orologio si sia spostata indietro di 9 anni esatti, al 1998 dei Massive Attack di Mezzanine, alla fase finale della florida stagione del trip hop: battuta bassa, ritmo in levare, magma dub, un suono scurissimo rischiarato dalla voce di Dy Darshan, attraversato da ronzii e layer sonori di stampo vagamente industrial …
E’ l’incipit di questo …Then…, seconda prova sulla lunga distanza dei Black Era, ed è soprattutto una dichiarazione d’intenti per un album costruito con coerenza su queste nitide coordinate sonore.
Coraggiosamente il disco fa scorrere davanti ai nostri occhi immagini di un passato musicale che è andato perdendosi lentamente tra le derive lounge e nu-jazzistiche dell’oceano downtempo e ci riporta ai tempi in ci si lasciava trascinare arrendevoli nelle spire dei gorghi sonori di Massive Attack, Tricky, Portishead e si inseguivano con stupore le gesta di gruppi nostrani come Casino Royale e Almamegretta, ma anche le partiture sonore neoclassiche di Craig Armstrong .
Ad una formula musicale che è ormai stata consegnata alla storia i Black Era aderiscono con un approccio comunque personale, giocando sulla giustapposizione di sonorità torbide e armonie strumentali e vocali fortemente melodiche, intessendo attorno agli scenari apocalittici dipinti nelle lyrics arrangiamenti che non temono, per raffinatezza ed ispirazione, il confronto con la blasonata scuola bristoliana.
Sulla lunga distanza il discorso sonoro tende a farsi eccessivamente monocorde e la soglia d’attenzione tende ad abbassarsi, ma risulta peccato veniale in un disco che sa farsi forte delle sue armi atmosferiche e che potrebbe, grazie all’uso dell’inglese e all’illuminata decisione di condividere i pezzi con licenza Commons, trovare fertile sponda anche al di fuori dei ristretti confini della penisola. (Storiadellamusica)

Tracklist
1 Out Of The Tunnel
2 Bark
3 Then
4 Trilateral
5 Fulcrum
6 Vicious Flag
7 The Tunnel
8 James Tobin
9 Bowtoday
10 Noam
11 Will Rise
12 Black Nails
13 My Little Replica
14 Wonder Reprise
15 Wonder Epilogue

venerdì 13 gennaio 2012

Shane Meadows – Dead Man’s Shoes

Locandina Dead Man's Shoes - Cinque giorni di vendetta

Un film di Shane Meadows. Con Paddy Considine, Gary Stretch, Jo Hartley, Toby Kebbell Titolo originale Dead Man's Shoes. Drammatico, durata 90 min. - Gran Bretagna 2004.

Richard torna dopo sette anni a Matlock nel Derbyshire per regolare i conti con gli aguzzini del fratello Michael, ritardato e da lui improvvisamente abbandonato per intraprendere la carriera militare.
Sangue chiama sangue, come in un'atavica legge del taglione. Lì dove finisce il codice di Hammurabi e ancora non comincia la civiltà. No, non siamo a Babilonia nel 2000 a.C. ma nella verde Inghilterra, tra la nebbia e la brughiera sterminata. Una piccola storia di paese, come tante, in cui la normalità – ammesso che questa sia mai esistita – tira la corda e degenera; un branco e un debole d'altronde, vuoi per noia, eccesso di testosterone o semplice empietà, non formano mai una bella combinazione.
Shane Meadows, beniamino di tanta critica per aver restituito fulgore al cinema inglese, immortalandone senza pudore e retorica – vizi così diffusi laggiù - i lati più deplorevoli, sceglie qui la schietta semplicità. Non c'è spazio per la ricerca o l'approfondimento, solo per la brutale messa in scena della Vendetta, laida e inevitabile megera che non restituisce mai il sorriso né sa riportare allo status quo ante. Non dà soddisfazione ad alcuno, ma si ripresenta puntuale nella sua ineluttabilità, specie quando il vendicatore è il primo ad avvertire qualche peso sulla propria coscienza. Dead Man's Shoes, baciato da una soundtrack di altissima fattura (Smog, Aphex Twin, Arvo Part, Bonnie Prince Billy) e dall'interpretazione di un allucinato Paddy Considine, va dritto allo scopo, crudo come uno slasher senza maniaci immortali e diretto come un singolo hardcore-punk dei tempi belli. Una rapida scarica di adrenalina che si lascia una visibile scia di sangue alle spalle.

Il voto di Pierolupo: 3/5
La vendetta nelle sue varie forme non mi è mai stata molto congeniale. Questo film è intriso di vendetta, si sviluppa intorno al grande rimorso del protagonista per essersi vergognato del fratello disabile, di averlo lasciato solo in balia delle cattive amicizie e soprattutto di non avergli mai dimostrato il suo amore fraterno.

Tricarico – L’imbarazzo

L Imbarazzo

Ho sempre trovato interessante Tricarico, sin dal suo luminoso esordio Io sono Francesco del 2000. Mi è sempre sembrato originale il personaggio e le sue canzoni. Il tutto mi ha sempre dato l’idea di una poetica personale e credibile. Purtroppo, al di là di qualche singolo e dei brani presentati a Sanremo negli anni, non ho mai affrontato l’ascolto di un album intero. Beh, questo L’Imbarazzo non sarà il più bel prodotto dell’anno ma l’approccio di Tricarico alla musica mi affascina al di là della sua qualità!
L’album, prodotto da Ferdinando Arnò e Massimo Martellotta, non riserva grandi sorprese, ma brani come la tirata Difficile (“è difficile è difficile ma io proverò per te”) o l’apparentemente banale Leggerezza hanno qualcosa di pop e di “storto” che è caratteristica di pochi. Battisti è ricordato un po’ anche in questo, oltre che in una vocalità originale e insicura.  A proposito di Battisti una frase come “Sentir che c'è qualcosa che non va ma non far domande per non creare l'imbarazzo” mi sembra proprio uscita dalla penna del Mogol battistiano! Guarda che bel colore che han le rose è dolce canzone sulla fatica del “lavoro” quotidiano su e per l’amore (“Guarda che bel colore che han le rose, guarda che bel colore che ha la terra, si fa fatica si lavora, ci si domanda anche il perché”) ed è seguita da La mia sposa in cui nel ritornello Battisti è implacabilmente presente assieme ad echi della Jenny è pazza di Vasco. Sono solo poco più di suggestioni ma danno il clima dell’album. Sul duetto Da soli io e te invece sarebbe meglio soprassedere. Va bene l’ingenuità ma qui siamo a livelli più che imbarazzanti…
L’imbarazzo c’è anche per la cover di un brano come L’italiano cantata con il piccolo intervento dell’autore Toto Cutugno. Ma, a volte la capacità interpretativa fa miracoli. La voce insicura con cui la canzone è interpretata da Tricarico uccide la sicumera irritante della versione originale e restituisce un’idea di un’Italia anni ’70 non ancora involgarita dai media, dalla retorica patriotica, dall’ansia di apparire e dallo strapotere della pubblicità.
Nulla ho detto sul brano sanremese. Tre colori è il brano numero tre del cd e merita qualche riga solo per sè.
Trovo il brano, scritto interamente da Fausto Mesolella (chitarrista degli Avion Travel, che ne canta anche un frammento), assolutamente straordinario nel suo essere allo stesso tempo infantile e poetico. La canzone sul tricolore era nata per lo Zecchino D’Oro! Sogno cori di bambini cantarla e fra 150 anni sentirla assieme ai classici del patriottismo italico. E quanta differenza tra la dolcezza un po’ insicura di Tricarico, la musicalità solo apparentemente semplice (ci sono bellissime elisioni ritmiche, impegnative e nascoste), la poesia commuovente del testo e l’arroganza nazionalistica esibita l’anno scorso da Pupo con il “Principino”, o dall’idea volgare e prepotente di Italia che sento così preponderante in questi tempi e, perciò, così  distante da questa canzone e da me! (Mescalina)

Tracklist
1. Tre colori
2. Imbarazzo
3. E’ difficile
4. Guarda che bel color hanno le rose
5. Da soli io e te
6. La mia sposa
7. L’italiano
!6 febbraio
8. Leggerezza
9. Una selva oscura
10. Ninananna oh

http://www.myspace.com/officialtricarico

giovedì 12 gennaio 2012

Ethan Coen, Joel Coen – Il Grinta

Locandina Il grinta

Un film di Ethan Coen, Joel Coen. Con Jeff Bridges, Matt Damon, Josh Brolin, Hailee Steinfeld, Barry Pepper, Domhnall Gleeson, Elizabeth Marvel, Ed Corbin, Nicholas Sadler, Dakin Matthews, Paul Rae, Joe Stevens, Mary Anzalone, Brian Brown, Bruce Green, Mike Watson. Titolo originale True Grit. Western, Ratings: Kids+16, durata 110 min. - USA 2010.

Mattie Ross è una quattordicenne fermamente intenzionata a portare dinanzi al giudice, perché venga condannato alla pena capitale, Tom Chaney l'uomo che ha brutalmente assassinato suo padre. Per far ciò ingaggia lo sceriffo Rooster Cogburn non più giovane e alcolizzato ma ritenuto da tutti un uomo duro. Cogburn non vuole la ragazzina tra i piedi ma lei gli si impone. Così come, in un certo qual modo, gli verrà imposta la presenza del ranger texano LaBoeuf. I tre si mettono sulle tracce di Chaney che, nel frattempo, si è unito a una pericolosa banda.
“I malvagi fuggono quando nessuno li insegue”. Con questo passo dal Libro dei Proverbi si apre il film che rappresenta l'ennesima sfida dei Coen. Questa volta i due registi decidono di confrontarsi al contempo con un genere che hanno (seppure a modo loro) già esplorato (il western) e con un'icona del cinema di nome John Wayne. Non era un'impresa facile realizzare un remake del film di Henry Hathaway che fece vincere l'Oscar al suo protagonista. Ma, come sempre, i Coen riescono a costruire un'opera totalmente personale pur rispettando (più dell'originale) lo spirito del romanzo di Charles Portis a cui la sceneggiatura si ispira.
Già la citazione biblica ne è un segno. Mattie è spinta a cercare giustizia da un carattere assolutamente determinato e lontano dall'iconografia della donna del West (Calamity Jane, Vienna/Joan Crawford e pochi altri esempi a parte) ma anche da un fondamentalismo che ha radici religiose. I Coen eliminano visivamente il prologo proponendo la vicenda come un flashback della memoria della donna Mattie. Una donna divenuta troppo precocemente tale perché nata in un mondo in cui dominano l'ignoranza (“Mia madre sa a malapena fare lo spelling della parola cat”) e la morte.
È un film sul distacco, sulla perdita, sulla separazione Il Grinta. Mattie non bacerà il cadavere del padre (per quanto sollecitata) ma assisterà all'impiccagione di tre condannati due dei quali potranno esprimere il loro pentimento o la loro rabbia. Il terzo non potrà farlo: è un nativo pellerossa. La stessa Mattie però dormirà nella stanza mortuaria accanto ai cadaveri degli impiccati. Da quel momento avrà inizio un lungo percorso in cui Rooster Cogburn, detto Il Grinta, sarà una sorta di disincantato ma al contempo dolente Virgilio pronto a raccontare di sé e del suo confronto quotidiano con una morte inferta o subita. Mattie lo vedrà per la prima volta non mentre arriva in città con i malfattori catturati (come nel film del 1969) ma emergere progressivamente alla visione mentre in tribunale gli viene chiesto conto degli omicidi (a favore della Legge certo ma sempre omicidi) compiuti. Jeff Bridges è perfetto nel rendere quasi tangibile questa figura di uomo della frontiera cinematograficamente in bilico tra la classicità e lo spaghetti-western.
Si lascia The Duke Wayne alle spalle e affronta un viaggio in un genere destinato a proporre, incontro dopo incontro e scontro dopo scontro, una riflessione su un modo di concepire il confronto sociale non poi troppo distante da quello in atto in questi nostri
difficili tempi. Perché, non dimentichiamolo, anche il più apparentemente astratto film dei Coen morde sempre (e con grande lucidità) sul presente.

Il voto di Pierolupo: 4/5
Niente da fare, i fratelli Coen non si smentiscono mai, anche nel western sono impareggiabili. Inoltre il film è divertente, con sparatorie ed atti di coraggio alla Tex Willer, che è uno dei personaggi dei fumetti che amo di più. Un gruppo di attori di prima categoria, davvero da vedere.

Sepiamusic – Prototype

Prototype [Edizione: Germania]

Electro-acoustic duo Sepiamusic are bound to garner numerous fans with the release of their full-length debut entitled Prototype (Sepiamusic (Denmark), 2003) American singer Erin Chapman and Danish producer/songwriter Michael Adler Miltersen have combined forces to create a highly listenable album full of seductive, late-night, iridescent grooves.
Like the music of Delerium or Balligomingo, Sepiamusic walk the line between dreamworld etherealism and solid pop agreeability. After meeting in 1999, Erin and Michael released a demo track "Fall Into Me" on Danish national Radio's P3. Subsequently, Sepiamusic scored two #1 hits on garageband.com. Work on a full-length album began, and the duo began fine-tuning their live show. After being warmly received by critics and fans in Denmark, Sepiamusic look poised to repeat their success worldwide.
Prototype's ten tracks are rich in variety and range from Dido-esque chillout numbers to more hard-hitting rockers. Throughout, however, the album remains consistently enganging. This is largely attributable to Michael's strong songwriting skills, Erin's accessible and pleasing voice, and quality production values.
Fans of Brit trip-hoppers "Lamb" will adore "Sweet Pollution," which features banging percussion, William Orbit-influenced synth blurbs and lush guitar and string accompaniment. The surprisingly funky and jazz-tinged "Heart Debris" show the diversity of Sepiamusic's style. Although it starts with kickin' upright bass jazz fingering, the song metamorphosizes into a breezy electronic trip that sounds a bit like Fleetwood Mac with a touch of Madonna thrown in.
The enchanting and heavenly "Stone" may be the best song on the album as Erin laments over a bed of lush electro pads, panning synth harp strings and deep moog rips. This track will certainly appeal to Balligomingo devotees. In similar fashion, "My Empathy" is a mid-tempo winner that conjures images of a laid-back night drive through a big city.
"Ease Me" is a sweet and contemplative downtempo track that relies upon pleasing acoustic guitar strums and soothing loops. The James Bond vibe of "Fall Into Me" is instantly appealing with its wry chord progression and adventurous imagery. The standout track "Static" again moves the album into lush electronic territory as layers of arp synths and string textures create a relaxing but provactive soundscape.
With the clear success of female-vocal ethereal/ambient acts like Delerium, Harland, and Lunascape, Sepiamusic will, no doubt, find fertile ground for their album to bloom in. With Erin's engaging voice  and Michael's lush audio panoramics, Sepiamusic deserve the acclaim that they have received thus far and to be heard by a wider audience.

Tracklist
1 Stone
2 My Empathy
3 Heart Debris
4 No Way Out
5 Ease Me
6 Fall Into Me
7 Musiclife
8 Prototype
9 Static
10 The Searchers

http://www.myspace.com/sepiamusic

Romana Petri - Tutta la vita (2011)

Tutta la vita

"Spaltero mi sta aspettando in Argentina, tra poco mi arriva un suo richiamo, e stavolta non me lo lascio scappare pure se all'idea di tanto cambiamento mi pare di morire. Stavolta so che a non cambiare ne va di tutta la mia vita. O trovo il coraggio, o se ne va in malora." Alcina è una donna coraggiosa e fiera che ha paura di una sola cosa: i sentimenti. Tanto che per non esserne sopraffatta si è dovuta costruire una corazza di orgogliosa solitudine. Nel '48 ha trentatré anni e una guerra partigiana alle spalle, e sembra che il suo destino sia ormai quello di vivere per sempre con lo sguardo rivolto al passato, in un continuo parlare coi propri morti e con un cane selvatico. Ma un giorno Alcina riceve una lettera che sull'onda travolgente del ricordo di un unico, lunghissimo bacio le dà la forza di lasciare il suo casolare in Umbria e di partire per l'Argentina. Ad aspettarla c'è Spaltero, un uomo più giovane di lei ma con un carattere forte e sicuro e sempre proiettato verso il futuro. Ma è sufficiente la fragile promessa contenuta nel ricordo di un bacio a spingere a cambiare vita? Basterà la forza dell'amore per resistere al violento irrompere della Storia? In un'epoca di sentimenti sfilacciati, esili e precari, Romana Petri ha scelto di raccontare in questo romanzo la storia di un amore eterno e indissolubile, al quale il passare del tempo solo aggiunge senza mai sottrarre.

Paolo Villaggio - La vera storia di Carlo Martello (2011)

La vera storia di Carlo Martello

Quella di venerdì 14 dicembre 1962 era una notte buia e tempestosa. Paolo Villaggio e Fabrizio De André, ancora sconosciuti, stavano perdendo tempo in compagnia di altri fannulloni. Complici un topo e la fame, l'atmosfera di torpore che avvolgeva la combriccola si infiammò parecchio. Fu quando la pace tornò a regnare che, come per magia, nacque "Carlo Martello ritorna dalla battaglia di Poitiers". A cinquant'anni di distanza, dopo essere diventato uno dei più grandi attori comici del Novecento, una leggenda vivente che ha fatto ridere, e anche piangere, milioni di spettatori al cinema, nei teatri e in televisione. Villaggio torna sul vecchio testo, più attuale che mai, per farlo esplodere in un romanzo esilarante e affilato, raccontandoci, infine, la vera storia di Carlo Martello. Scopriremo così quanto fosse codardo il re carolingio, e quanto poco fosse diverso da lui il suo nemico, quello sbruffone di Abd al-Rahman, governatore di al-Andalus. Il Medioevo fantastico di Villaggio ci apparirà allora molto simile ai nostri giorni, perché, da quando esiste il mondo, poco è cambiato: i ricchi continuano a compiere soprusi, a concupire le donne con il denaro e a schiacciare deboli e poveri, cui non resta che subire e magari sbeffeggiarli con la satira o denunciarli nelle canzoni; un tempo ci pensavano giullari e menestrelli, oggi ci sono i comici e i cantautori. Non è un caso che la copertina di questo libro sia stata disegnata, come omaggio all'autore, da Dario Fo.

mercoledì 11 gennaio 2012

Mark Romanek – One Hour Photo

Locandina One Hour Photo

Un film di Mark Romanek. Con Robin Williams, Connie Nielsen, Michael Vartan, Eriq La Salle, Lee Garlington, Gary Cole, Clark Gregg. Thriller, durata 96 min. - USA 2002.

Sy Parrish è il tecnico di laboratorio di sviluppo e stampa fotografica in uno stand di un centro commerciale. La sua vita si svolge sotto le luci al neon e quando torna a casa è completamente solo. Sente così la necessità di eleggersi una famiglia ideale: gli Yorkin. Di loro, clienti affezionati, conosce tutti i momenti immortalati nella varie fasi della vita. Si sente addirittura lo zio del loro bambino. Ma qualcosa incrina l’idilliaco e immaginario rapporto. Al suo secondo lungometraggio dopo Static del 1998, Mark Romanek firma un film destinato a rimanere nell’immaginario grazie anche alla prestazione di un Robin Williams mai così controllato. La sua ossessione viene disvelata progressivamente grazie a una recitazione implosa in cui tutte le pulsioni represse sembrano pronte ad esplodere ed invece si inabissano nella psiche di un personaggio scritto con grande attenzione ai particolari e con la consapevolezza di dover andare oltre l’ennesimo ritratto di psicopatico al cinema.

Il voto di Pierolupo: 4/5
Grande interpretazione di Robin Williams, psicopatico dal volto e dal comportamento molto umano, con un terribile trauma all’origine, mai sopito. Per me è un film da vedere assolutamente.

David Fincher – Il Curioso Caso Di Benjamin Button

Locandina Il curioso caso di Benjamin Button

Un film di David Fincher. Con Brad Pitt, Cate Blanchett, Tilda Swinton, Julia Ormond, Jason Flemyng, Taraji P. Henson, Lance E. Nichols, Elias Koteas, Faune A. Chambers, Donna DuPlantier, Jacob Tolano, Ed Metzger, David Jensen, Joeanna Sayler, Mahershalalhashbaz Ali, Fiona Hale, Patrick T. O'Brien, Marion Zinser, Paula Gray, Rampai Mohadi, Troi Bechet, Phyllis Somerville, Elle Fanning, Ted Manson, Clay Cullen, Edith Ivey, Robert Towers, Jared Harris, Tom Everett, Don Creech, Joshua DesRoches, Christopher Maxwell, Joel Bissonnette, Deneen Tyler, Richmond Arquette, Ilia Volokh, Wilbur Fitzgerald, David Paterson, Josh Stewart, Louis Herthum, Chandler Canterbury, Charles Henry Wyson, Spencer Daniels, Taren Cunningham, Myrton Running Wolf, Stephen Taylor, Devyn A. Tyler, Adrian Armas, Ashley Nolan, Katta Hules, Rus Blackwell. Titolo originale The Curious Case of Benjamin Button. Drammatico, Ratings: Kids+13, durata 159 min. - USA 2008.

Benjamin Button nasce il giorno della fine della prima guerra mondiale, è un bimbo in fasce ma ha la salute di un novantenne: artrite, cataratta, sordità. Dovrebbe morire il giorno dopo e invece più passa il tempo più ringiovanisce. La sua è una vita al contrario che attraversa il Novecento americano sempre alla ricerca del primo e unico amore, una donna molto più emancipata, libera e in linea con il suo tempo di lui. L'unico momento in cui si potranno trovare sarà all'incrociarsi delle loro età: "Mi amerai ancora quando sarò vecchia?", chiede lei. "E tu mi amerai ancora quando avrò l'acne?" risponde lui.
Fincher sceglie di narrare una storia con un espediente classico: a partire dalla modernità, attraverso le memorie di un diario letto alla protagonista ormai anziana e in punto di morte. Fotografa tutto virando verso il seppia e opta per la calligrafia spinta, cosa che ovatta il racconto con l'indulgenza e il fascino di cui sono dotati i ricordi. Il risultato è un'agiografia del passato che vince sul presente (New Orleans ieri e oggi con Katrina alle porte), una prospettiva a ritroso indulgente e favolistica sugli Stati Uniti che non affronta nessun tema davvero e che, cosa bene più grave, manca di emozionare con sincerità.
Benjamin Button ringiovanisce invece di invecchiare ma questo non ha nessun effetto sulla trama nè tantomeno serve a dare una visione particolare degli eventi in cui è coinvolto o della società in cui è inserito, come avveniva invece con la stupidità di Forrest Gump (il paragone inaffrontabile con l'opera di Zemeckis sorge spontaneo data la sostanziale identità della struttura della storia).
Il curioso caso di Benjamin Button sembra chiedersi unicamente "Come si comporterebbe un vecchio con la testa di un bambino? E come un giovane con l'esperienza di un vecchio?", tentando di conseguenza una riflessione sulla morte e sulle possibilità di sfruttare al massimo la propria vita. "Non sai mai cosa c'è in serbo per te" ripete a Benjamin la madre adottiva, evitando accuratamente di citare scatole di cioccolatini.
Gigantesco il lavoro fatto sull'invecchiamento e il ringiovanimento digitali di Brad Pitt, entrambi ottenuti sperimentando una tecnica innovativa di motion capture. Il risultato è evidente: in ogni caso il personaggio è sempre lui, Brad Pitt, anche quando gli somiglia veramente poco. Meno celebrata invece Cate Blanchett che, invecchiata e ringiovanita anch'essa per esigenze di copione, supplisce alla frequente mancanza di digitale con la solita prestazione fuori da ogni ordinarietà.

Il voto di Pierolupo: 4/5
"Uno si può anche incazzare quando le cose vanno cosi, uno può bestemmiare, maledire il destino ma quando arrivi alla fine, non resta che mollare..." Questa la frase fondamentale del film. Un bel film davvero, un pò troppo lungo se vogliamo trovare un solo difetto. Una storia originale, incredibile ma realizzata in modo credibile, ed una bella storia d’amore.

Francesco Patierno - Cose Dell’altro Mondo

Locandina Cose dell'altro mondo

Un film di Francesco Patierno. Con Diego Abatantuono, Valerio Mastandrea, Valentina Lodovini, Renato Nuvoletti, Sandra Collodel, Grazia Schiavo, Maurizio Donadoni, Vitaliano Trevisan, Riccardo Bergo, Sergio Bustric, Fulvio Molena, Laura Efrikian. Commedia, durata 90 min. - Italia 2011.

Una città del Nordest d'Italia. L'immigrazione incide sul tessuto sociale. L'industriale Golfetto non la sopporta nella maniera più assoluta e scarica tutta la sua xenofobia in uno spazio a lui riservato nella tv locale che finanzia. Intanto fa ritorno a casa Ariele, un poliziotto con madre con Alzheimer e un tempo compagno della maestra Laura che ora attende un figlio da un africano. Un mattino però, dopo un fenomeno temporalesco anomalo, tutti gli extracomunitari e gli stranieri in genere scompaiono dal territorio. Bisogna arrangiarsi da soli.
Il debito con Un giorno senza messicani viene correttamente pagato sin dai titoli di testa. Perché l'idea di base è la stessa: là la California qui il Nordest, identica la sparizione. Le similitudini si fermano però a questo punto perché lo sguardo e il punto di vista divergono e non solo per ovvie diversità di latitudini, usi e costumi. Se nel film di Sergio Arau e Jareli Arizmendi una parte consistente degli accadimenti veniva filtrata dai notiziari televisivi (con conseguente evidenziazione della manipolazione di massa) qui la televisione c'è ma la sua capacità di assoggettamento delle coscienze non si articola sulle notizie ma sulla visceralità più becera. Quando sentiamo blaterare Golfetto di cammelli e stati africani inesistenti viene immediatamente in mente (tanto per non fare nomi) Borghezio. La tecnica è la stessa, la volgarità analoga tanto che viene il dubbio che la produzione debba pagare all'eurodeputato parte dei diritti di sceneggiatura. Il film di Patierno trova la sua forza proprio nell'ignoranza che pervade il tessuto sociale traducendosi talvolta in violenza e che viene perfettamente esemplificata dal personaggio del taxista. Cose dell'altro mondo affronta il discorso della necessità della presenza degli immigrati per la stessa sopravvivenza del trend di vita proprio di coloro che più ne contrastano la presenza. Lo fa con i toni della commedia alternando la disinibita irruenza di un Abatantuono (che ogni tanto dimentica di interpretare un veneto e torna ad accenti milanesi) con la levità surrealmente efficace di Valerio Mastandrea, il quale interpreta un personaggio che si muove in una sorta di tempo sospeso in cui il compito primario sembra essere il reagire e non l'agire. L'esito è divertente e interessante. In più occasioni nella storia del cinema (e non solo) la commedia è riuscita a far arrivare a un vasto pubblico delle idee che il dramma o la riflessione 'alta' avrebbero costretto nella ristretta cerchia dei già convinti. Ogni volta che ciò accade è giusto felicitarsi abbandonando qualsiasi tipo di sopracciglio alzato.

Il voto di Pierolupo: 2/5
Cos’è? Una commedia? Un film drammatico? Abatantuono completamente fuori ruolo, non è credibile come veneto. Mastandrea, ottimo attore ma sprecato. Davvero una delusione… e poi dove cazzo sono finiti sti stranieri? Noioso dall’inizio alla fine.

martedì 10 gennaio 2012

Maria Venturi - La moglie nella cornice

La moglie nella corniceù

Per amore di Alberto e del piccolo Piero, Joanna abbandona la carriera di modella, anche se è all'apice del successo. Novella sposa, si butta con l'entusiasmo e l'amore dei suoi giovani anni nel nuovo ruolo di moglie e madre, ma ben presto si accorge di avere una rivale difficile da battere: la prima moglie di Alberto, morta in circostanze tragiche. Con la sua bellezza ingenua e la sua fragilità, Jo deve lottare non solo contro un fantasma ancora troppo vivo, ma anche contro le ombre di un passato - il proprio - che non ha mai cessato di perseguitarla.

Marc Levy - I figli della libertà (2008)

I figli della libertà

Non hanno ancora vent'anni. Si chiamano Claude, Charles, Boris, Damira, Marius, Rosine, Jeannot. Sono spagnoli, polacchi, italiani, rumeni. Hanno la pancia vuota e la testa piena dei sogni e delle inquietudini dell'adolescenza. Nella Francia occupata della Seconda guerra mondiale vivono nell'ombra e nella paura, esuli, orfani e perseguitati in un mondo caduto preda della barbarie e della violenza. [leggi tutto ...] Sono i ragazzi della 35a brigata, i figli della libertà. Questa è la loro storia, la Storia di tutti noi. E fatta del loro coraggio e della loro incoscienza, dei loro amori e delle loro avventure, della loro fame di futuro e giustizia. E del sacrificio di quanti hanno saputo sfidare la morte per affermare il diritto di ognuno a esistere e amare. In un romanzo terso e commovente Mare Levy fa rivivere la straordinaria epopea di suo padre Raymond e dei suoi compagni. Celebrando, con la fede assoluta nella purezza dei sentimenti che da sempre vive nella sua scrittura, il senso universale di una storia d'amore che attraversa le generazioni.

Marc Levy - La Prossima Volta (2004)

La prossima volta

Jonathan e Anna stanno per sposarsi quando Peter annuncia una notizia che cambierà la loro vita. Ha appena saputo che una galleria di Londra è venuta in possesso di cinque tele di Vladimir Radskin, pittore del XIX secolo del quale Jonathan è il massimo esperto. Tra queste potrebbe esserci il dipinto leggendario smarrito in circostanze misteriose nel 1868, che Jonathan cerca da vent'anni. Quando Jonathan incontra Clara, proprietaria della galleria di Londra, vengono entrambi colpiti da un forte senso di déjà-vu. Indagando per autenticare il quadro, scopriranno molte cose sull'artista ma soprattutto su se stessi. Tre vite differenti, tre destini intrecciati in una corsa contro il tempo per salvare un amore che trascende il tempo...

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